Non sono una appassionata di fantascienza e inoltre spesso il format “raccolta di racconti brevi” mi lascia con un certo senso di insoddisfazione.
Queste premesse potevano condizionare in modo negativo il mio primo approccio con gli scritti di Dick, e invece così non è stato, affatto.
Perché queste storie non sono fantascienza fine a se stessa, cioè non raccontano di mondi e dinamiche di azione futuribili, più o meno probabili, ma comunque distanti dalla nostra realtà.
Tutt’altro. I contesti fantascientifici qui sono usati come terreno fertile su cui innestare idee plausibili, riflessioni meritevoli di approfondimento ulteriore, moniti nei confronti di una decadenza che sotto vari aspetti incombe già su di noi e che Dick con la sua lungimiranza aveva già intuito molti anni fa. Con una originalità nello sviluppo delle trame e con una maestria nell’uso degli strumenti espressivi che colpiscono e gratificano il lettore.
I concetti enucleati sono molti e importanti. Solo per citarne alcuni: i pericoli di una giustizia amministrata in modo estremo e senza scrupoli; le angosce che tormentano gli uomini; la mercificazione imperante che può arrivare a trasformare in prodotti anche entità immateriali come i desideri e i ricordi; l’idea della propria identità personale spesso disconosciuta dagli altri al punto che si può arrivare a metterla in discussione noi stessi, la vacuità delle certezze fino a poco prima ritenute incontrovertibili; la diversa percezione della realtà che ci circonda a seconda dei diversi punti di vista.
Tutte questioni senza tempo, sebbene siano ambientate in un mondo (apparentemente ?) lontano da noi.
E lo strumento del racconto breve è usato con maestria, senza lasciare niente di incompiuto o di solo abbozzato nell’arco delle poche pagine in cui si conclude la storia, raggiungendo anzi livelli di tensione che altrimenti solo un intero romanzo avrebbe consentito di creare.
Inoltre, in aggiunta a tutto quanto sopra e pur nella brevità di questi racconti, l’autore riesce a inserire anche passi che colpiscono per la sottile e arguta ironia, venata forse di un po’ di fatalismo, che addolcisce i toni pessimistici e lascia aperto uno spiraglio di speranza in queste atmosfere così inquietanti.
Tra i vari passi che mi hanno colpita ne segnalo solo tre, per non rovinare il piacere della lettura a chi dovesse imbattersi in questo mio commento prima di leggere il libro:
- la bellissima descrizione (a pag. 201) del confuso turbine di percezioni e sensazioni vissute dal protagonista nei suoi ultimi istanti di vita, che culmina con la “enorme massa di parole che illuminavano di luce brillante la sua mente, ustionandolo con il loro profondo significato”, alla quale fa seguito la strana esperienza della donna lì presente, che lascia intendere quanto forse la realtà che ci circonda non sia tale di per sé ma solo in quanto e fino a quando possiamo condividere con altri le percezioni che ne ricaviamo;
- la frase allucinante (almeno nelle civiltà che formalmente riconoscono il fondamentale diritto alla libertà del pensiero) di pagina 168: “tutto ciò che penserai potrà essere usato contro di te”;
- L’idea stessa che si possa anche solo concepire come attività commerciale la realizzazione dei desideri “in retrospettiva vicaria surrogata” che sta alla base di tutto il racconto “Ricordiamo per voi”.
Rapporto di minoranza e altri racconti - Philip K. Dick
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