- Ascoltate. Volete sapere chi sono? -
- Sì, sì! -
- Proprio nel senso più stretto della parola? -
- Nel senso più stretto della parola. -
- Ebbene io sono un tipo. -"
Di solito le parole "romanzo giovanile" vengono usate dai critici per definire un testo lodevole nell'impeto creativo, ma immaturo nello stile letterario.
Le notti bianche è senz'altro un romanzo giovanile. E' fra le prime opere dell'autore.
Ma sfido chiunque, critici o semplici BCers dell'area Recensioni, a classificarlo, oppure solo contenerlo in poche definizioni.
Quello che si respira è infatti un forte senso drammatico, lirico: i sentimenti espressi dai due protagonisti sono assoluti ed esplosivi. Dostoevskij sembra dirci che la giovinezza può essere triste, ma bellissima. E vale la pena di viverla scommetendo tutta l'anima.
"Era una notte meravigliosa, una notte di quelle che possono esserci soltanto quando si è giovani, caro lettore."
A metà testo ormai la cognizione della realtà è perduta. Non per niente il romanzo ha come sottotitolo Sogno d'amore.
Si vola alto, pagina dopo pagina le parole sembrano sempre più pure e luminose. Tutto scompare e solo i due sembrano esistere. Pietroburgo e i suoi palazzi sono laggiù in basso, minuscoli.
Fino alla picchiata e allo schianto finale.
Fra i due personaggi quello che IMHO è dipinto meglio è il narratore: il tipo, l'isolato, il perdente, il sognatore: è lui che alimenta il volo, è lui che fabbrica l'universo di belle illusioni, è lui che costruisce il suo amore per la diciassettenne Nastjenka ed è lui che (peccato non saper fare altrettanto

"Mio Dio! Un momento di completa felicità! E' forse poco nell'arco di una vita intera?"