Philip K. Dick era uno degli autori americani più originali e apprezzati sia dalla critica che dal pubblico.
La sua Fantascienza non era altro che la proiezione delle angosce e delle paure dell'uomo, era spesso ambientata in panorami urbani desolanti, in cui i personaggi cercano la loro propria dimensione, scavando dentro di sé per comprendere quale sia la strada per la felicità.
Cacciatore di androidi (titolo originale: Do androids dream of electric sheep?) è stato scritto nel 1968. E' meglio conosciuto come Blade Runner grazie al regista Ridley Scott.
Non bisogna farsi ingannare dal titolo: è sì un romanzo d'azione, in cui c'è un moderno bounty killer incaricato di ritirare androidi immigrati clandestinamente, ma parla soprattutto dell'uomo, della sua solitudine, della sua ricerca di un fine superiore che vada al di là del benessere tecnologico ormai fine a sé stesso.
Lo scenario è San Francisco, dopo una guerra nucleare che ha avuto su tutta la Terra effetti devastanti, uccidendo moltissime persone, provocando terribili mutazioni e portando all'estinzione la maggior parte delle specie animali. Il desiderio più grande, nonché status symbol e obbligo sociale di ognuno, è possedere un animale vero, per prendersene cura. Pochi possono permetterselo, e ricorrono a copie identiche elettriche, pur di fingere di occuparsi di un animale.
E' un quadro angosciante quello in cui si muove Rick Deckard, il cacciatore di androidi: la città è semideserta, la maggior parte dei palazzi sono disabitati e invasi dal kipple: oggetti che appartenevano ai morti, inutili, che si riproducono da soli, aumentando di numero e invadendo tutto. Una metafora del disordine, dell'entropia verso la quale questa Terra moribonda sta avanzando inesorabilmente. E ironicamente l'orrore del vuoto pervade questi abitanti del crepuscolo, che soffrono di una solitudine infinita. Gli uomini cercano conforto nell'inebetimento televisivo e nella religione di stato, di cui Wilbur Mercer è l'apostolo...
In questo scenario apocalittico seguiamo Dick, incaricato di ritirare sei androidi immigrati illegalmente da Marte: si tratta di nuovi modelli forniti di unità cerebrale Nexus-6, perfetti, dotati di intelligenza superiore, indistinguibili dagli umani e interessati a vivere, liberi, a costo di morire.
E' bellissimo il capitolo in cui Dick sottopone Rachel Rose al test di empatia per scoprire se la donna è un androide. La partecipazione emotiva ai sentimenti altrui è la cosa che contraddistingue gli umani, mentre gli androidi, nella loro "amoralità", sono capaci di comportamenti feroci.
Eppure, leggendo queste pagine, ci si domanda chi è l'essere umano, in realtà...
Per usare le parole di Philip Dick: "Nel combattere il male, si può diventare malvagi. Deckard deve fare tante cose terribili per cacciare e uccidere i replicanti che egli diventa sempre più disumanizzato, mentre i replicanti diventano sempre più umani." E il confine tra umani e androidi diventa sempre più sottile, soprattutto quando sono gli uomini che scelgono di programmare perfino i propri stati d'animo, grazie ad un nuovo apparecchio, che magari un paio di volte al mese ti fa precipitare catarticamente in due ore di depressione controllata...
C'è ben poca speranza in questo ironico e amarissimo classico della Fantascienza, che rimane, a mio parere, uno dei più bei romanzi di Dick.
Philip Dick - Cacciatore di androidi
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Anche a me piace molto Dick e oltre a quello che citi ho amato molti dei suoi racconti, ad esempio paycheck e minority report. recentemente ho scovato tra gli urania La città sostituita che ho trovato coinvolgente e degno di Dick, anche se forse non altrettanto noto rispetto agli altri... comunque per chi vuole, ho aperto un ring
qui la trama
http://www.bookcrossing.com/journal/2333986/
e qui le iscrizioni
http://www.bookcrossing-italy.com/BCfor ... php?t=9702
ciao
Michela
p.S.: avete notato come tutti o quasi i libri e i racconti di Dick si prestino a riduzioni cinematografiche?
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p.S.: avete notato come tutti o quasi i libri e i racconti di Dick si prestino a riduzioni cinematografiche?
Con me fanno lega i libri. Accorrono, si radunano, mi si attaccano addosso. (S. M. Ejzenstejn)
La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre. - Albert Einstein
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