Omaggio ad Indro Montanelli

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Corso
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Omaggio ad Indro Montanelli

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Nell'anniversario della sua nascita, anche se mi sembra blasfemo in mezzo a tutti questi argomenti frivoli, ecco un omaggio tratto dal sito del Corriere della Sera

Per sempre un modello

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"E' passato già un po' di tempo da quando è scomparso Indro Montanelli ma ancora la sua mancanza, all'interno della cultura italiana, si nota in maniera acuta, il ricordo della sua presenza sanguigna e amante della verità riacutizza sempre più il dolore per la sua perdita. Montanelli era, oltre che un cane sciolto, un personaggio incapace di aderire ai luoghi comuni più conclamati, l'ultimo vero inviato d'assalto, un esempio di quel tipo di giornalismo che pare ormai scomparso; quello, per intenderci, che produceva storia nel suo farsi.
Nato a Fucecchio, un paesino a metà strada tra Pisa e Firenze, nel 1909, a sentire quanto disse lui stesso crebbe con la passione del giornalismo scritta nel sangue. Dopo aver conseguito due lauree, una in giurisprudenza e l'altra in scienze politiche, emigra dunque in Francia dove, assunto da ''Paris Soir'' inizia la sua carriera come reporter. Cresciuto e plasmato però sotto l'egida del fascismo, nel 1935 decide di partire e arruolarsi nel ventesimo battaglione eritreo, esperienza raccontata in un diario pubblicato e recensito in Italia in maniera entusiastica da Ugo Ojetti (un mostro sacro della carta stampata purtroppo caduto nel dimenticatoio). Questa del diario è ancora la fase dello ''scrittore'' Montanelli, in cui però già si intravede già la stoffa del grande testimone.
Intanto va in Spagna per il ''Messaggero'', dove nei suoi resoconti si esprime senza peli sulla lingua contro il regime. Un atteggiamento che non può piacere al regime nostrano che ne ordina il rimpatrio, espellendolo non solo dal partito ma anche dall'albo professionale. Come contropartita, forse nell'illusione di addomesticarlo, viene mandato da Bottai a dirigere l'Istituto italiano di cultura in Estonia per un anno. Tornato in Italia, gli viene riconsegnata la tessera di giornalista, ma rifiuta di richiedere quella del Partito fascista.
E' in questo momento storico che nella vita di Montanelli si affaccia il ''Corriere della sera'', il quotidiano diventato poi per lui una sorta di seconda casa. L'allora direttore Aldo Borelli, infatti, memore del contenuto e dello stile del famoso Diari, e consapevole delle qualità ormai dimostrate dal giovane inviato, lo vuole caparbiamente con sè nella sua scuderia. Mai intuizione si è rivelata più azzeccata, se è vero che il legame fra Montanelli e il quotidiano di via Solferino si è succeduto, pur con alti e bassi, per più di quaranta anni.
In seguito, numerose sono state le testimonianze rese da questo acuto osservatore, in una serie di reportages divenuti memorabili e che lo hanno innalzato al rango di principe del giornalismo. E' in Germania quando il Terzo Reich avanza verso Danzica e parla con Hitler in persona. Poi va in Finlandia e Norvegia e proprio le corrispondenze sul conflitto russo-finlandese lo impongono definitivamente come grande inviato. Nel 1944 finisce in prigione a San Vittore per antifascismo e viene condannato a morte dai nazisti, ma scampa miracolosamente alla fucilazione per intervento della madre, che riesce a far intercede per lui l'allora arcivescovo di Milano, cardinale Ildefonso Schuster (ma questo lo scoprirà lui stesso solo qualche decennio dopo). La prigionia gli suggerisce uno dei suoi libri più belli, ''Il generale Della Rovere'', che tradotto in film da Rossellini riceve il Leone d'oro a Venezia .
Uscito da S. Vittore, si rifugia in Svizzera ma finita la guerra, torna al ''Corriere'' come inviato . Tra i primi a giungere nella Budapest insorta, Montanelli scrisse che non si trattava di ribelli borghesi, ma di ''comunisti antistalinisti'', un'affermazione che gli attirerà gli strali della sinistra italiana.
Dalle colonne del Corriere il gran toscano ha giudicato negli anni l'Italia e gli italiani secondo un modello interpretativo che era stato proprio di alcuni suoi maestri come Prezzolini, il più ricordato e forse il preferito (anche per via di alcune affinità caratteriali). Ma il giornalista, pur fustigando da par suo tutti i difetti della gente italica e del suo stile, è sempre rimasto legato alla sua terra, testimoniando con gli anni un fedeltà ed un attaccamento sentimentale a prova di bomba.
Dopo le amarezze subite per via della conduzione orientata a sinistra del Corriere negli anni '70, quando direttore era Piero Ottone, un Corriere che ormai il vecchio Indro non riconosceva più come suo, nel 1974 fondò con l'ausilio di alcuni colleghi e fuoriusciti del Corriere il ''Giornale Nuovo'', oggi conosciuto semplicemente come il ''Giornale'' (ma solo qualche anno fa chiamato ancora familiarmente ''Il Giornale di Montanelli''). E' la stagione del terrorismo, delle Br e anche Montanelli subisce un'attentato, grazie a dio non mortale: gli sparano alle gambe il 2 giugno del 1977, accanto ai giardini di via Palestro, a Milano. La sua vecchia ''casa'', il Corriere, nel darne la notizia non lo nomina neanche ma si limita a dedicargli una colonnina col l'indegno titolo di ''Gambizzato un giornalista''.
Partito bene, con gli anni, però, anche il Giornale cominciò a perdere copie, entrando in un'insanabile crisi economica. Il quotidiano fu così rilevato da Silvio Berlusconi, che lo portò di nuovo ad alti livelli. Ma con la discesa in campo sul terreno della politica dell'imprenditore milanese vennero alla luce alcuni contrasti fra quest'ultimo e il grande giornalista circa la linea editoriale. L'anarchico Indro mai e poi mai avrebbe potuto piegarsi ad un diktat, da qualsiasi parte venisse, e così, all'alba degli ottant'anni decise di buttarsi nella direzione di un nuovo quotidiano ''La Voce'', espressione di una destra liberale e anticonformista.
Purtroppo, nonostante le premesse, il risultato non fu dei migliori. ''La Voce'' chiuse ufficialmente il 12 aprile del 1995. A quel punto, prima decise di collaborare con Tele Monte Carlo, non senza continuare a pubblicare sapidi editoriali sul Corriere, poi, con l'invenzione de ''La stanza di Montanelli'', una rubrica basata sul dialogo con i lettori, di tornare alla grande al centro del dibattito politico e storico. Prima della Stanza, l'allora direttore Paolo Mieli, con un gesto che lo stesso Montanelli disse di non aver mai dimenticato, gli offrì la direzione del Corriere al posto suo, ma Indro, forse ormai stanco, preferì la formula più rilassata della posta dei lettori.
Il grande giornalista si è spento domenica 23 luglio 2001 all'età di 92 anni, dopo essere stato ricoverato per tre settimane in una clinica di Milano, in seguito ad un malore. Memorabile è rimasto il suo necrologio-epitaffio, scritto di suo pungno nello stile asettico che gli era proprio quando parlava di se stesso ma per ciò stesso altamente commovente".
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Bilbo
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La sua ultima profezia ce la donò pochi mesi prima di andarsene, alla vigilia delle elezioni politiche del maggio 2001. Davanti a Enzo Biagi, che lo intervistava per "Il Fatto", lanciò la sua ultima stoccata a Silvio Berlusconi: «Mi auguro che vinca», disse e spiegò, «perché Berlusconi è una di quelle malattie che si curano con il vaccino. E per guarire da Berlusconi ci vuole una bella dose di vaccino Berlusconi. Bisogna vederlo all'opera».
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Syrius
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E già, è stato un grande! E pensa che ha sempre detto di avere idee di Destra ma di non riconoscersi in Berlusconi!
Prima di spedire, contattatemi in bookcrossing.com. Grazie

Il fiore perfetto è una cosa rara. Se si trascorresse la vita a cercarne uno, non sarebbe una vita sprecata.
(Ken Watanabe)
Per amare devi dare ciò che ti costa qualcosa. (Madre Teresa)
Puoi svegliarti anche molto presto all'alba, ma il tuo destino si è svegliato mezz'ora prima di te.
(Detto africano)
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Bilbo
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Forse perché, avendolo conosciuto ai tempi de Il Giornale, sapeva bene con chi aveva a che fare.
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Syrius
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Sicuramente!
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