
Di notte sotto il ponte di pietra - Leo Perutz
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ti perdono solo perché mi hai fatto leggere un racconto meraviglioso... 

"La vita non è quella che si è vissuta ma quella che si ricorda, e come la si ricorda per raccontarla"
Gabriel Garcia Marquez
"Farai la fine del profeta Ezechiele che soffiò, soffiò ma non riuscì a buttare giù la casa di mattoni"
The Haunted House

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Evviva!
Adesso si attende una recensione...

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E tu vuoi viaggiarle insieme, vuoi viaggiarle insieme ciecamente perché sai che le hai toccato il corpo, il suo corpo perfetto con la mente. (FdA)) - La cosa che più mi piace fare è niente. (WtP) - Ma conosco le coincidenze del 60 notturno, lo prendo sempre per venire da te (RG)
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Il nostro promotore ufficiale di Perutz dice che non sarebbe giusto parlare dei personaggi di questo libro. Forse ha ragione ma sono talmente belli che ho voglia di raccontare qualcosa di loro. Quindi forse è meglio precisare che la mia recensione potrebbe rovinare qualcosa a chi i racconti non li ha ancora letti.
A dire il vero non c'è niente da scoprire in questo libro, nessun mistero da rivelare. Già nel primo racconto Perutz mostra al lettore che si trova in un universo reale ma in cui a volte è possibile aggirare la realtà e giocarle qualche tiro, a volte è possibile invitarla ad una partita a carte e vincere barando.
Un'altra cosa che Perutz, (scrittore onesto
), desidera chiarire subito è che i suoi personaggi sono in frequente commercio con i fantasmi, la magia e la cabala. E che nessuno deve stupirsene.
La struttura di questo libro mi è sembrata davvero interessante e originale. Altri autori hanno provato la forma del «romanzo a racconti» ma credo che pochi possano vantare un risultato ammirevole come quello di Perutz in armonia e continuità.
I racconti hanno protagonisti diversi e spesso i personaggi di sfondo di una storia si trovano protagonisti della successiva in un continuo e divertente girotondo di punti di vista. L'ordine dei racconti non è affatto casuale e, nonostante la sequenza delle storie non sia ordinata cronologicamente, la struttura risulta perfettamente circolare.
Si potrebbe dire che protagonista dei racconti di questo libro è l'incantevole e misteriosa Praga del 1600. Ma io preferisco parlare dei personaggi che camminano lungo le sue strade e che mi hanno conquistata.
Ci sono due uomini potentissimi a Praga, l'imperatore cristiano Rodolfo II e il ricchissimo e saggio ebreo Mordecai Meisl. Questi due uomini sono uniti da un legame indissolubile che condiziona le loro vite fino a farli innamorare della stessa donna. Rodolfo e Mordecai sono uomini diversi e appartengono a mondi distanti eppure le loro vite continuano a incorciarsi, dalla giovinezza alla morte. I due non sono neppure pienamente consapevoli del misterioso legame che sembra unirli, solo l'autore e il lettore sanno. E sospettano che ognuno dei due, pur così potente, sarebbe nulla senza l'altro.
Rodolfo e Mordecai stanno l'uno all'altro come una foto e il suo negativo, uguali ma rovesciati. Perutz li fa muovere in un continuo labirinto di specchi in cui si scambiano e invertono ruoli e situazioni.
Rodolfo è solitario, lunare, ombroso, malinconico, incostante e inconcludente. Mordecai è pratico, solare, benvoluto dagli uomini e dalla fortuna. Il primo è un folle, il secondo un saggio. Il primo dilapida patrimoni imperiali, il secondo sembra inseguito dall'oro.
Cosa hanno in comune questi due personaggi a parte un destino bizzarro che li mette sempre sulla stessa strada? Sono due uomini che sanno amare, che sono pieni di passione. E nella passione trovano il lato migliore di se stessi, Rodolfo trova nella passione la costanza e Mordecai trova nella passione un po' di irrazionalità.
Il destino sembra davvero burlarsi di loro perché fa in modo che la loro passione sia indirizzata verso un unico oggetto, la bella Esther.
Esther è la moglie di Mordecai ed è una donna onesta. Non tradirebbe mai il marito che ama e onora. Tuttavia Esther è l'amante di Rodolfo II. Nella Praga magica del rabbino Loew il lettore non deve sorprendersi di nulla. Esther e Rodolfo si incontrano e si amano solo nei sogni.
Perutz non mostra mai Esther se non nei sogni e nei ricordi di chi l'ha conosciuta ed amata. Così anche il lettore non può che innamorarsi di questa donna bellissima che è insieme così sensuale da ispirare passioni eterne e così eterea da viaggiare nei sogni. Esther sembra nata per amare e per essere amata, solo la sua ombra è in grado di suscitare una passione che toglie la ragione (ma Rodolfo a dire il vero di ragione sembrava averne già poca!) e persino la sua ombra è in grado di innamorarsi perdutamente di un uomo che, nella vita «reale» ha intravisto una sola volta.
A chi appartiene l'amore di Esther? A Mordecai che vive accanto a lei, dorme accanto a lei e che divide con lei gioie e dolori ogni giorno o a Rodolfo II, che ritrova Esther nei luoghi meravigliosi e irreali del sogno ogni notte? Chi la ama di più e chi è più riamato? Qual è il nome che Esther pronuncerà prima di morire?
Dopo la morte di Esther, involontariamente causata dal rabbino, nessuno dei suoi due amori riuscirà a dimenticarla. Rodolfo e Mordecai saranno, ancora una volta, beffardamente uniti in un destino comune.
Credo che basterebbe questa storia meravigliosa, questo incredibile triangolo, questa improbabile passione a far amare questo libro.
Forse ho una debolezza personale per le storie che raccontano degli amori condotti solo nei sogni, ma credo che il racconto centrale, quello che dà il titolo al libro e in cui si racconta in maniera delicata e quasi sospesa l'incontro tra Rodolfo e la sua amata sia talmente bello che lascia senza parole. Anche l'idea che Rodolfo II, pur essendo imperatore e avendo la possibilità di sposarsi con le più belle o ricche donne d'Europa rimanga fedele ad Esther, rimanga fedele ad un sogno, la trovo piena di bellezza.
Dicevo che basterebbe questa storia, che è poi il polo intorno a cui il romanzo ruota, per essere contenti di aver scoperto questo autore. Ma quella che lega questi tre personaggi straordinari non è l'unica a prendere vita in queste pagine . Molti dei personaggi di questi racconti sono adorabili. I due artisti di strada vecchi e malandati ma ancora pieni di tenerezza per il mondo, sembrano usciti da un dipinto di Chagall e ne hanno tutta la dolce malinconia. Gli altri, tra cui l'astronomo Keplero, ve li lascio scoprire.
Mi spiace, è una recensione-pacco: vi ho raccontato tutto e non ho detto nulla su come il libro è scritto, sullo stile semplice ed essenziale di Perutz, sull'armonia da orologiaio con cui sono orchestrati i suoi racconti. Ma la storia era davvero troppo bella...
Vogliamo trovargli un difetto?
C'è stata una cosa che mi è sembrata un po' stonata: alcuni racconti sono inclusi in una cornice narrativa in cui il narratore (Perutz stesso?) è un giovane studente che va a ripetizioni da un bizzarro uomo di scienza che sembra ami più raccontare storie che fare lezione e questo insegnante altri non è che il pro, pro nipote di Mordecai. L'idea è carina e alcuni commenti al margine di questo personaggio fanno sorridere. Altri meno. Soprattutto qualche menatina sul popolo ebraico. Scusate, sarà importantissimo ricordare tutti i problemi che questo popolo ha incontrato nella sua storia, ma lì per lì non mi sembrava pertinente.
Ora, davvero, non mi resta che fare i bagagli e andare a vedere se vicino al ponte di pietra ci sono ancora una rosa rossa e una pianta di rosmarino che crescono allacciate...
A dire il vero non c'è niente da scoprire in questo libro, nessun mistero da rivelare. Già nel primo racconto Perutz mostra al lettore che si trova in un universo reale ma in cui a volte è possibile aggirare la realtà e giocarle qualche tiro, a volte è possibile invitarla ad una partita a carte e vincere barando.
Un'altra cosa che Perutz, (scrittore onesto

La struttura di questo libro mi è sembrata davvero interessante e originale. Altri autori hanno provato la forma del «romanzo a racconti» ma credo che pochi possano vantare un risultato ammirevole come quello di Perutz in armonia e continuità.
I racconti hanno protagonisti diversi e spesso i personaggi di sfondo di una storia si trovano protagonisti della successiva in un continuo e divertente girotondo di punti di vista. L'ordine dei racconti non è affatto casuale e, nonostante la sequenza delle storie non sia ordinata cronologicamente, la struttura risulta perfettamente circolare.
Si potrebbe dire che protagonista dei racconti di questo libro è l'incantevole e misteriosa Praga del 1600. Ma io preferisco parlare dei personaggi che camminano lungo le sue strade e che mi hanno conquistata.
Ci sono due uomini potentissimi a Praga, l'imperatore cristiano Rodolfo II e il ricchissimo e saggio ebreo Mordecai Meisl. Questi due uomini sono uniti da un legame indissolubile che condiziona le loro vite fino a farli innamorare della stessa donna. Rodolfo e Mordecai sono uomini diversi e appartengono a mondi distanti eppure le loro vite continuano a incorciarsi, dalla giovinezza alla morte. I due non sono neppure pienamente consapevoli del misterioso legame che sembra unirli, solo l'autore e il lettore sanno. E sospettano che ognuno dei due, pur così potente, sarebbe nulla senza l'altro.
Rodolfo e Mordecai stanno l'uno all'altro come una foto e il suo negativo, uguali ma rovesciati. Perutz li fa muovere in un continuo labirinto di specchi in cui si scambiano e invertono ruoli e situazioni.
Rodolfo è solitario, lunare, ombroso, malinconico, incostante e inconcludente. Mordecai è pratico, solare, benvoluto dagli uomini e dalla fortuna. Il primo è un folle, il secondo un saggio. Il primo dilapida patrimoni imperiali, il secondo sembra inseguito dall'oro.
Cosa hanno in comune questi due personaggi a parte un destino bizzarro che li mette sempre sulla stessa strada? Sono due uomini che sanno amare, che sono pieni di passione. E nella passione trovano il lato migliore di se stessi, Rodolfo trova nella passione la costanza e Mordecai trova nella passione un po' di irrazionalità.
Il destino sembra davvero burlarsi di loro perché fa in modo che la loro passione sia indirizzata verso un unico oggetto, la bella Esther.
Esther è la moglie di Mordecai ed è una donna onesta. Non tradirebbe mai il marito che ama e onora. Tuttavia Esther è l'amante di Rodolfo II. Nella Praga magica del rabbino Loew il lettore non deve sorprendersi di nulla. Esther e Rodolfo si incontrano e si amano solo nei sogni.
Perutz non mostra mai Esther se non nei sogni e nei ricordi di chi l'ha conosciuta ed amata. Così anche il lettore non può che innamorarsi di questa donna bellissima che è insieme così sensuale da ispirare passioni eterne e così eterea da viaggiare nei sogni. Esther sembra nata per amare e per essere amata, solo la sua ombra è in grado di suscitare una passione che toglie la ragione (ma Rodolfo a dire il vero di ragione sembrava averne già poca!) e persino la sua ombra è in grado di innamorarsi perdutamente di un uomo che, nella vita «reale» ha intravisto una sola volta.
A chi appartiene l'amore di Esther? A Mordecai che vive accanto a lei, dorme accanto a lei e che divide con lei gioie e dolori ogni giorno o a Rodolfo II, che ritrova Esther nei luoghi meravigliosi e irreali del sogno ogni notte? Chi la ama di più e chi è più riamato? Qual è il nome che Esther pronuncerà prima di morire?
Dopo la morte di Esther, involontariamente causata dal rabbino, nessuno dei suoi due amori riuscirà a dimenticarla. Rodolfo e Mordecai saranno, ancora una volta, beffardamente uniti in un destino comune.
Credo che basterebbe questa storia meravigliosa, questo incredibile triangolo, questa improbabile passione a far amare questo libro.
Forse ho una debolezza personale per le storie che raccontano degli amori condotti solo nei sogni, ma credo che il racconto centrale, quello che dà il titolo al libro e in cui si racconta in maniera delicata e quasi sospesa l'incontro tra Rodolfo e la sua amata sia talmente bello che lascia senza parole. Anche l'idea che Rodolfo II, pur essendo imperatore e avendo la possibilità di sposarsi con le più belle o ricche donne d'Europa rimanga fedele ad Esther, rimanga fedele ad un sogno, la trovo piena di bellezza.
Dicevo che basterebbe questa storia, che è poi il polo intorno a cui il romanzo ruota, per essere contenti di aver scoperto questo autore. Ma quella che lega questi tre personaggi straordinari non è l'unica a prendere vita in queste pagine . Molti dei personaggi di questi racconti sono adorabili. I due artisti di strada vecchi e malandati ma ancora pieni di tenerezza per il mondo, sembrano usciti da un dipinto di Chagall e ne hanno tutta la dolce malinconia. Gli altri, tra cui l'astronomo Keplero, ve li lascio scoprire.
Mi spiace, è una recensione-pacco: vi ho raccontato tutto e non ho detto nulla su come il libro è scritto, sullo stile semplice ed essenziale di Perutz, sull'armonia da orologiaio con cui sono orchestrati i suoi racconti. Ma la storia era davvero troppo bella...
Vogliamo trovargli un difetto?
C'è stata una cosa che mi è sembrata un po' stonata: alcuni racconti sono inclusi in una cornice narrativa in cui il narratore (Perutz stesso?) è un giovane studente che va a ripetizioni da un bizzarro uomo di scienza che sembra ami più raccontare storie che fare lezione e questo insegnante altri non è che il pro, pro nipote di Mordecai. L'idea è carina e alcuni commenti al margine di questo personaggio fanno sorridere. Altri meno. Soprattutto qualche menatina sul popolo ebraico. Scusate, sarà importantissimo ricordare tutti i problemi che questo popolo ha incontrato nella sua storia, ma lì per lì non mi sembrava pertinente.
Ora, davvero, non mi resta che fare i bagagli e andare a vedere se vicino al ponte di pietra ci sono ancora una rosa rossa e una pianta di rosmarino che crescono allacciate...
"La vita non è quella che si è vissuta ma quella che si ricorda, e come la si ricorda per raccontarla"
Gabriel Garcia Marquez
"Farai la fine del profeta Ezechiele che soffiò, soffiò ma non riuscì a buttare giù la casa di mattoni"
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