La politica sul forum

Se volete parlare seriamente di qualcosa che non è presente in nessuna delle altre aree e/o volete dare un annuncio generale a tutti per una cosa importante, questa è l'area appropriata.

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Xantro
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Messaggio da Xantro »

la cosa sorprendente è che il governo di sinsitra precedente non abbia avuto modo di fare una legge seria sul conflitto di interessi, tipo blind trust americano...
Non sei la prima che si stupisce, e che lascia intendere che in fondo in fondo alla sinistra conviene, così fa la vittima (o vado aldilà delle tue intenzioni? Possibile, ma altri lo fanno). Io non la vedo così.
Nel breve governo di sinistra il Cav era già capo dell'opposizione, e si ritenne che togliergli, perché di questo si trattava, le concessioni o la proprietà (che è, il comunismo?) delle sue tv non fosse praticabile.
L'unica toppa trovata fu quella della par condicio, per quanto inefficace (vedi Fede, condannato dall'authority a compensare in termini di minuti una lunga fellatio televisiva al Cav, che passa altrettanti minuti a prendere per il culo Rutelli... non che fosse difficile, peraltro.)

Ti provoco, Xenia :wink: : tu che ti stupisci oggi sarai fra quelli che non si stupiranno se -vincendo eventualmente chissà quando chissà mai la sinistra- toglieranno una o due concessioni al Berlusca?
Se sì, bene, starai con me.
Se no, che ti stupisci a fare oggi?
Che le tartarughe siano grandi ammiratrici della velocità è cosa del tutto naturale.
Le speranze lo sanno, e se ne infischiano.
I famas lo sanno, e ne ridono.
I cronopios lo sanno e ogni volta che incontrano una tartaruga tirano fuori i gessetti colorati e sulla curva lavagna della tartaruga disegnano una rondine.
(J. Cortàzar, "Storie di cronopios e famas")


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Miss Piggott
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Messaggio da Miss Piggott »

delfino ha scritto:Ad es. un tentativo è stato fatto con La 7, doveva essere una nuova concorrente. Se poi il pubblico la segue poco, cosa ci si può fare?
Non è andata esattamente così. Io a La7 ci sono stata 3 mesi in stage e mio padre lavora per una delle aziende del gruppo, e la storia è abbastanza di dominio pubblico.
La7 non è un concorrente per precisa scelta del proprietario, perchè non può e non deve esserci concorrenza vera a B. Io li ho visti e sentiti parlare i dipendenti che si aspettavano di uscire dal nanismo di una tv che aveva passato di tutto sotto Cecchi Gori e che aspettava solo un'occasione... che le è stata tolta poco prima che venisse detto "Pronti... via!"
Due anni fa avevano ancora i nani senza naso o tutti scarabocchiati stipati negli armadi insieme agli oggetti lasciati dai dipendenti prima che se ne andassero...
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delfino05
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Messaggio da delfino05 »

Cito Fragola03:
Nel bellissimo quadro vedo tante persone che si tolgono ogni maschera e si guardano in faccia.
. Se così è la cosa è andata al di là delle mie previsioni e ne sono felice. Ringrazio per questo Mizzy, Vesna, Lizzyblack e tutti quanti.
Grazie a MissPiggot ho scoperto una informazione in più riguardo La7. Il problema comunque non mi sembra sia l'accessibilità alle concessioni (o, come provocatoriamente dice Xantro, togliere le proprietà televisive a chi le ha) quanto rimuovere legislativamente e no, gli ostacoli ad una vera libera concorrenza.
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2teepot
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Messaggio da 2teepot »

Ma siamo già ai ringraziamenti ? :roll:

E chi ha vinto le elezioni ? :shock:


Eppe'mmia ? :(



:lol:


PS : L'ambasciata a Theheran per me , grazie ...
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mizzy
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Messaggio da mizzy »

ecco, secondo me, Vesna ha centrato il mio problema :)

... insomma, mettermi lì e capire, con l'aiuto di chi sa, perchè ha vissuto o visto, i pro ed i contro PRATICI e non teorici...

in fin dei conti, se so tutte le regole di algebramatematicageometria, ma non le so/posso applicare... a che mi servono? :think:

e vi dirò, a costo di sembrare sempre più ingenua ed ignorante ( :mrgreen: ci sono abituata fa nulla!) ... mi piace l'idea di tutti uguali, tutti allo stesso livello.... :think: non ci sarebbero più lotte per il potere, avidità, possesso.... ma credo che fondamentalmente, come già detto, sia decisamente utopico... e tende ad appiattire e far sì che altri scelgano per noi.... il che, riflettendoci bene... è terrificante...

ecco, io a volte vorrei, una volta per tutte, che un volenteroso (perchè sono na capra io! :mrgreen: ) della sinistra venisse da me e mi spiegasse le idee precise e pratiche e così facesse pure il volenteroso di destra...

ma a volte mi sembra che siano sempre e solo parole che volano e non riescono ad attecchire.... :think:
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2teepot
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Messaggio da 2teepot »

Beh , Mizzy non ha detto una stupidata : il problema grosso della poltica italiana è che ormai non esistono più politici ma politicanti , e che gli elettori non sanno di conseguenza dove sbattere la testa per mancanza di idee realmente valide e concrete .
Ben che vada ci si tura il naso e si vota il meno peggio .


Però il primo che viene fuori con delle idee serie mi sa che l'apparato lo disfa in mezza giornata ... :roll:
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delfino05
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Messaggio da delfino05 »

Mizzy, anche venissero a parlarti la destra e la sinistra, non so se riusciresti ad eliminare o prendere in toto tutto. Guarda i vari governi (ho visto cose che voi umani......): a volte governi di centro-sinistra hanno fatto leggi considerabili di "destra" e viceversa. Guarda adesso i referendum, a parte chi segue la "fede" (religiosa o politica) senza porsi troppe domande, mi sembra che si creino parecchi dubbi e domande. Al solito, raccolti dati e pareri, ognuno deve ragionare con la sua testa.
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mizzy
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Messaggio da mizzy »

:roll: ma scusa Delfino.... comunque non necessariamente io devo essere di destra o di sinistra.... no?

ma se io riuscissi ad imparare a districarmi ed a capire i veri problemi.... potrei farmi delle idee... che uniscano ( utopia?) l'intelligenza della destra e quella della sinistra....

:think: no?
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delfino05
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Messaggio da delfino05 »

Vero, estremizzavo il concetto ai due poli. Se ci riesci mi dai la ricetta? :wink:
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mizzy
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Messaggio da mizzy »

è quello il problema.... :wink:

che finchè non si hanno, o meglio, non trovo delle basi pratiche.... come si può?...

è per questo che io chiedo confronto, discussioni e non il sapere cosa voti ... perchè vorrei farmi delle mie idee... :roll: se ci riesco...
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birby
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Messaggio da birby »

Mizzy ha scritto:perchè vorrei farmi delle mie idee... :roll: se ci riesco...
Come ti capisco, infatti anche se ho un'idea semiprecisa di cosa votare, ogni volta ascolto entrambe le parti!
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ilmagodilussino
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Messaggio da ilmagodilussino »

un'intrusione e poco più...
seguo con interesse la querelle dx/sx che si è aperta e allargata discutendo su "politica sul forum"; ma mi astengo sullo specifico perchè trovo sterili le discussoni sugli attacchi personali che si trasformano in attacchi personali, e le puntualizzazioni sul "livello" e il "tono", che servono solo a incarognire gli incarogniti, a incuriosire ed interessare pochi e (sono sicuro) a spaventare molti timidi.
allora che faccio? mi piace dare uno spunto "politico" citando un logico (!?) che parla dei paradossi dei dei sistemi elettorali (soprattuto bipolari) che pare tanto siano piaciuti e piacciano.
forse servirà un poco a convincersi che le mere contrapposizioni ideologiche sono senza sbocco senza una vera differenziazione dei progetti, e del resto in certe situazioni ed in certi campi dell'azione politica le scelte e le opzioni sono univoche e gli estremi sono costretti a toccarsi.
buon gelato a tutti :O)

Piergiorgio Oddifreddi
I para-doxa della democrazia
In C’era una volta un paradosso, Einaudi, Torino 2001

Winston Churchill diceva che la democrazia è la peggior forma di governo, a parte tutte le altre che sono state provate. Ma sapeva che il miglior argomento contro la democrazia sono cinque minuti di conversazione con un elettore (o con un politico) medio. George Bernard Shaw definiva la democrazia come l'assicurazione di non essere governati meglio di quanto ci meritiamo. E aggiungeva che l'avvento della democrazia aveva sostituito la nomina di pochi corrotti con l'elezione di molti incompetenti. Gustave Flaubert identificava il sogno della democrazia nell'elevazione del proletariato allo stesso livello di stupidità raggiunto dalla borghesia. Bertrand Russell precisava che gli eletti non possono mai essere più stupidi dei loro elettori.
Sembra dunque che la democrazia abbia i suoi problemi, per risolvere i quali sono state avanzate alcune paradossali proposte letterarie. Ad esempio, Il parlamento di Jorge Luis Borges suggerisce che, per ottenere una rappresentanza veramente rappresentativa, un'elezione debba eleggere tutti gli elettori. All'estremo opposto, Diritto di voto di Isaac Asimov ritiene sufficiente che alle elezioni venga interpellato un solo votante, purché sufficientemente rappresentativo. Infine, Noi di Evgenij Zamjatin propone che si considerino come veramente democratiche soltanto le votazioni palesi e unanimi.
Queste provocazioni letterarie si possono facilmente accantonare con un sorriso. Non così quelle logiche e matematiche, la cui rimozione è meno agevole. I paradossi della democrazia sono infatti svariati e subdoli, come sapevano già gli antichi. Ad esempio, si può instaurare una dittatura in maniera legale ? Se sí, la libertà potrebbe avere i giorni contati; se no, è limitata già ora. Oppure, si può eliminare l'articolo che permette le re-visioni costituzionali? Se sì, il potere di revisione è in pericolo; se no, è incompleto.
Forse il più ovvio dei paradossi della democrazia è una semplice variazione sul tema del sorite, sul quale torneremo in seguito: poiché nelle elezioni con molti elettori non succede mai che il vincitore vinca per un solo voto di differenza, nessun singolo voto è determinante. Dunque, tanto vale non andare a votare.
Gli ulteriori paradossi che andiamo a enunciare riguardano invece la pratica della vita democratica, una volta che si sia deciso di andare comunque a votare. Non è infatti per niente chiaro come (o addirittura se) si possano determinare gli eletti, o distribuire i seggi, in maniera logicamente soddisfacente.

La votazione a maggioranza.
«Democrazia» è un termine piuttosto vago, che in Grecia significava soltanto «governo del popolo». Nell'inconscio collettivo occidentale esso ha oggi acquistato il significato, più preciso, di «governo della maggioranza». E infatti, in genere, la votazione a maggioranza viene considerata come il mezzo attraverso cui il popolo governa. Sia direttamente, scegliendo fra alternative in un referendum, che indirettamente, scegliendo fra candidati in una elezione.
Che le cose non siano così semplici è dimostrato dal paradosso delle elezioni del 2000, nelle quali un paese come gli Stati Uniti, che si ritiene il più democratico del mondo, ha eletto alla presidenza un candidato come George W. Bush, che aveva ottenuto un numero di voti minore del suo oppositore Al Gore.
Il primo problema da affrontare è, dunque, se la riduzione del governo del popolo a quello della maggioranza sia giustificata. O almeno giustificabile. In fin dei conti, il concetto di democrazia contiene implicitamente tutta una serie di aspetti, che forse sono meglio espressi da altri metodi di governo in generale e di votazione in particolare.
Si potrebbe pensare che le uniche giustificazioni possibili, in questo campo, siano inconcludenti discussioni di filosofia politica. Nel 1952 l'economista Kenneth May ha invece dimostrato matematicamente che la votazione a maggioranza è l'unico procedimento di scelta fra due candidati che soddisfi le seguenti condizioni:
1) Libertà di scelta: ciascuno è libero di votare per il candidato che preferisce.
2) Dipendenza dal voto: il risultato di una votazione èdeterminato unicamente dai voti dati ai candidati.
3) Monotonicità: se un candidato vince in una votazione prendendo un certo numero di voti, vince anche in ogni votazione in cui prenda più voti.
4) Anonimato: non ci sono votanti privilegiati.
Poiché le assunzioni precedenti sono contenute implicitamente nel concetto di democrazia, il teorema di May dimostra che non ci sono alternative democratiche alla votazione a maggioranza, nel caso di due soli candidati. E mostra anche come una discussione politica, quando sia basata (come raramente accade) su argomenti concreti, possa essere semplice e precisa.
[...]

Il paradosso di Condorcet.
Per trovare un vero paradosso dobbiamo risalire a Marie Jean Antoine Nicolas de Caritat, meglio noto come marchese di Condorcet (1743-1794). Vissuto al tempo della Rivoluzione Francese, il marchese era stato dapprima enciclopedista e poi girondino. Con l'arrivo al potere dei giacobini, si nascose per vari mesi. Quando finalmente si decise a scappare travestito per le campagne, si tradì ordinando, da buon aristocratico, un'omelette con un numero spropositato di uova. Morì in cella tre giorni dopo; forse suicida, visto che portava sempre del veleno con sé.
Nel 1785, pochi anni prima che la rivoluzione pretendesse paradossalmente di instaurare un sistema democratico con la ghigliottina, il marchese aveva scoperto il seguente problema. Egli sapeva, anche senza la dimostrazione di May, che la votazione a maggioranza era un efficiente metodo di scelta fra due alternative. In presenza di più alternative, un'idea ovvia era votarle due a due, e scegliere quella che avesse riportato la maggioranza contro tutte le rimanenti. Condorcet mostrò che, purtroppo, non è detto che una tale alternativa ci sia: anche se le preferenze dei singoli votanti rispetto alle varie alternative sono ordinate linearmente, la votazione può infatti produrre un ordine sociale circolare.
Per illustrare il paradosso, consideriamo un'altra delle elezioni presidenziali statunitensi: quella del 1976. Allora Jimmy Carter vinse su Gerald Ford, che aveva ottenuto la nomination repubblicana vincendo su Ronald Reagan. Ma i sondaggi dicevano che Reagan avrebbe vinto su Carter (come poi successe effettivamente, benché con un diverso elettorato, nel 1980).
Una situazione circolare, in cui tre candidati sono in grado di vincere uno sull'altro, è ovviamente imbarazzante per un sistema in cui i candidati vengono selezionati in elezioni successive, due a due. Il vincitore dipende infatti soltanto dall'ordine in cui vengono effettuate le votazioni. Ad esempio, per far vincere Ford nel 1976 sarebbe bastato far prima la votazione tra Carter e Reagan, e poi la votazione tra il vincitore (Reagan) e Ford.
Il paradosso di Condorcet non lascia scelta. O si votano tutte le alternative una contro l'altra, e allora può ovviamente succedere che nessuna ottenga la maggioranza. Oppure si votano le varie alternative in un certo ordine, e allora la vincitrice dipende dall'ordine scelto. Come se ciò non bastasse, un particolare ordine di votazioni può permettere a un'alternativa di vincere anche quando ne esista un'altra che le è unanimemente preferita.
Poiché la votazione a maggioranza su più di due alternative è un sistema largamente applicato in assisi locali, nazionali e sovranazionali, l'interesse del paradosso è evidente. Fra l'altro, esso spiega le cosiddette battaglie procedurali, a volte furiose, sull'ordine delle votazioni. Lungi dall'essere bizantinismi, come potrebbero apparire, esse sono in realtà essenziali per pilotare il risultato finale nella direzione voluta, relegando le votazioni al ruolo di copertura democratica di veri e propri colpi di mano.
Vale la pena sottolineare che, affinché il paradosso di Condorcet sia possibile, non può esserci un'alternativa che nessuno considera la peggiore. Infatti, se A vince su B per maggioranza, almeno la metà più uno dei votanti preferisce A a B. Se B vince su C per maggioranza, almeno la metà più uno dei votanti preferisce B a C.
Dunque, almeno uno dei votanti preferisce A a B e B a C, e C è considerata l'alternativa peggiore da qualcuno. Per simmetria, lo stesso vale per A e B. Affinché l'ordine sociale generato dalla votazione per maggioranza possa essere circolare, è dunque necessario che ogni alternativa sia considerata la peggiore da qualcuno.
Questo espone un'incompatibilità fra libertà individuale, che permette a ciascuno di scegliere un qualunque ordine di preferenze, e armonia sociale, che richiede invece una certa uniformità fra gli ordini individuali. E spiega anche sia l'adeguatezza della votazione a maggioranza nei momenti di stabilità politica, che la sua impotenza nei momenti di rivolgimento. Nei primi esistono alternative che nessuno considera le peggiori: quelle di centro. Nei secondi la radicalizzazione delle preferenze crea invece le condizioni per il paradosso.

Problemi di peso.
La votazione a maggioranza proposta nel paragrafo precedente non è, ovviamente, l'unica soluzione possibile alla scelta fra più alternative. Un'altra è la votazione a pluralità: si presentano tutte le alternative simultaneamente, ciascun votante ne sceglie una, e vince quella che riceve il maggior numero di voti.
Nel 1781 Jean-Charles de Borda (1733-1799) scoprì che si imponeva però una scelta fra i due metodi, visto che pluralità e maggioranza sono fra loro incompatibili. Ad esempio, si considerino quindici votanti, che debbano scegliere rispetto alle alternative A, B e C. Supponiamo che gli ordini di preferenze individuali siano i seguenti:
- 6 votanti preferiscono A a B, e B a C
- 4 votanti preferiscono B a C, e C ad A
- 5 votanti preferiscono C a B, e B ad A.
Quando si pongano in votazione le alternative a pluralità, A vince su C per 6 a 5, e C vince su B per 5 a 4. Quando invece si pongano in votazione le alternative a maggioranza, allora B vince su C per 10 a 5, e C vince su A per 9 a 6. I due sistemi di votazione producono dunque ordini sociali contrapposti.
Borda non si accorse che la votazione a maggioranza poteva non essere transitiva, anche perché nell'esempio precedente lo è: B vince su A per 9 a 6. Egli individuò invece un problema nel fatto che nella votazione a pluralità si considera soltanto una parte dell'informazione contenuta nei vari ordini di preferenza individuali: precisamente, la prima alternativa.
[...]

Il teorema di Arrow.
I paradossi di Condorcet e Borda esposero alcune difficoltà dei sistemi di votazione allora noti, senza peraltro fermare la storia. La ghigliottina era infatti un argomento ben più tagliente dei paradossi, e la democrazia si dimostrò storicamente ineluttabile, benché logicamente inconsistente.
L'argomento di Condorcet cadde nell'oblio, venne riscoperto periodicamente, da Lewis Carroll nel 1876 a Duncan Black nel 1948, e fu puntualmente ridimenticato. Esso fu infine ritrovato nel 1951 da Kenneth Arrow, un giovane economista che aveva studiato logica matematica con Alfred Tarski. La sua formazione lo stimolò a non fermarsi al paradosso e ad andare oltre, facendogli domandare se esso fosse frutto del caso o della necessità.
In altre parole, Arrow si pose il problema se si possa trovare almeno un sistema di votazione che permetta di estendere la transitività dalle preferenze individuali a quelle sociali. Fino ad allora, sia gli idealisti alla Kant che i razionalisti alla Bentham avevano supposto che l'ordine sociale esistesse, e differivano soltanto nel credere che esso fosse, rispettivamente, indipendente o deducibile dagli ordini individuali.
Il realista Arrow scoprì invece che entrambi avevano torto, perché l'ordine sociale non esiste. Più precisamente, egli dimostrò che nessun sistema di votazione che soddisfi le seguenti condizioni preserva la transitività delle preferenze:

1) Libertà di scelta: ogni ordine transitivo di preferenze individuale è accettabile.
2) Dipendenza dal voto: il risultato della votazione fra due alternative è determinato univocamente dai voti dati a esse.
3) Monotonicità: se un'alternativa vince in una votazione, continua a vincere in ogni votazione in cui prenda più voti.
4) Rifiuto della dittatura: non esiste nessuno le cui preferenze individuali dettino il risultato di ogni votazione, indipendentemente dalle preferenze degli altri votanti.

L'analogia con le condizioni di May salta agli occhi. In particolare, poiché l'anonimato implica il rifiuto della dittatura, il teorema di Arrow mostra che il teorema di May non si può estendere a più di due alternative.
Benché questo risultato sia appunto un teorema, per esorcizzarlo lo si chiama spesso paradosso. In inglese la cosa suona bene, perché Arrow's paradox si traduce come «paradosso della Freccia», e ne richiama un altro omonimo: quello di Zenone che dice che una freccia in volo non può muoversi, perché in ogni istante è ferma. Ciò non ha impedito che il teorema di Arrow fosse oggetto di studi approfonditi, che ora formano la cosiddetta teoria delle scelte sociali. Né ha distratto il comitato di Stoccolma, che nel 1972 assegnò ad Arrow il premio Nobel per l'economia (paradossalmente, con una votazione).
Il fatto che un teorema di scienze politiche come quello di Arrow, sull'impossibilità di un sistema democratico di votazione, gli abbia fruttato un premio Nobel per l'economia, non deve stupire. A parte le di per sé ovvie, e oggi lampanti, connessioni e collusioni fra economia e politica, per la sua natura astratta il risultato si applica a qualunque situazione in cui sia necessaria una scelta collettiva fra un insieme limitato di alternative. Ad esempio: di prodotti in un mercato, di politiche aziendali in un consiglio di amministrazione, di rappresentanti in un'assemblea di azionisti... Il teorema di Arrow rende dunque manifesta una difficoltà nel passaggio dalla microeconomia dei soggetti individuali, quali produttori e consumatori, alla macroeconomia dei gruppi, quali i mercati. Più in generale, richiama alla mente tutta una serie di situazioni analoghe, in cui risulta difficile, o impossibile, giustificare il comportamento globale di un sistema sulla base dei comporta-menti individuali delle sue componenti.
Quanto alle conseguenze filosofiche del teorema di Arrow, non si possono enunciare meglio di quanto abbia fatto Paul Samuelson, premio Nobel per l'economia nel 1970. In primo luogo, egli ammette candidamente che «la ricerca della democrazia perfetta da parte delle grandi menti della storia si è rivelata la ricerca di una chimera, di un' autocontraddizione logica». Con buona pace di quei politici e di quei mezzi di informazione mondiali che oggi non fanno che cantare incessantemente il mantra del supposto trionfo di quella chimera.
In secondo luogo, Samuelson traccia un parallelo che per noi è estremamente significativo: «La devastante scoperta di Arrow è, per la politica, ciò che il teorema di Gödel è per la matematica». In particolare, entrambi i risultati mostrano limitazioni intrinseche dei rispettivi campi in maniera semplice ed inequivocabile, distruggendo così ingenue illusioni.
Neppure il teorema di Arrow è, comunque, l'ultima parola in termini di limitazioni della democrazia. Un risultato altrettanto sconvolgente, se non di più, è stato ottenuto nel 1970 da Amartya Sen, premio Nobel per l'economia nel 1998. Partendo da ipotesi analoghe a quelle di Arrow, Sen ha infatti dimostrato che in una società al massimo un individuo può avere dei diritti!
[...]

Proporzionale o maggioritario?
I teoremi di Arrow e di Balinsky e Young hanno inferto colpi mortali al principio di proporzionalità. Molte democrazie l'hanno quindi abbandonato, più o meno spudoratamente. Anche la nostra, a colpi di referendum e mattarellum, per qualche anno ha pensato che la soluzione dei guai della democrazia stesse nell'adozione di una qualche forma di sistema maggioritario.
Purtroppo per loro, i sistemi maggioritari non stanno meglio di quelli proporzionali. Ad esempio, nel maggioritario secco è possibile che un partito con quasi il 50 per cento dei voti nazionali non prenda neppure un seggio, e che ogni seggio vada invece a partiti locali con una minima rappresentanza. Basta infatti che in ciascun collegio uno stesso partito nazionale ottenga il 50 per cento dei voti meno uno, e che un partito locale ottenga il 50 per cento dei voti più uno, affinché il seggio vada al secondo.
Un altro paradosso dei sistemi che, come il maggioritario, presentano la scelta fra due soli candidati o poli, può essere efficacemente illustrato in termini di gelatai (senza intenti denigratori nei confronti di nessuno). Supponiamo dunque di trovarci su una spiaggia assolata lunga un chilometro, stracolma di bagnanti accaldati, e che arrivino due gelatai a vendere i loro prodotti.
Per i bagnanti, la loro collocazione più sensata sarebbe che entrambi si ponessero a duecentocinquanta metri dagli estremi della spiaggia, cioè a un quarto e tre quarti. In tal modo, infatti, nessun bagnante dovrebbe fare più di duecentocinquanta metri per raggiungere il più vicino dei gelatai.
Ma i gelatai ragionano diversamente: a loro conviene porsi il più possibile vicini fra loro per contendersi i bagnanti della zona intermedia, visto che quelli agli estremi andranno in ogni caso a comprare il gelato dal più vicino. Dal punto di vista dei gelatai, la sistemazione più razionale è dunque che entrambi si situino al centro della spiaggia. Il che è ciò che spesso accade per i candidati o i poli dei sistemi maggioritari consolidati,che finiscono per risultare indistinguibili nei loro pro-grammi politici. Il paradosso sta, ovviamente, nel fatto che allora non ha senso scomodarsi a scegliere fra due candidati che propongono lo stesso programma.
Siamo così ritornati al punto di partenza: che le persone razionali non avrebbero motivi per andare a votare. Ma se solo gli irrazionali votano, non possiamo poi stupirci né dei risultati delle votazioni, né della conseguente serie di apprezzamenti sulla democrazia con la quale abbiamo iniziato il discorso. Per finirlo con una parola buona dobbiamo ammettere che almeno un vantaggio la democrazia ce l'ha: ora si contano tutti i voti, mentre una volta solo i Conti votavano.
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mizzy
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Messaggio da mizzy »

grazie mago... :D

ecco... avrò da leggere per l'intero week end :mrgreen:

:lol:
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il-picchio
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Messaggio da il-picchio »

siamo partiti da "quelli di sinistra sul forum sono aggressivi e non lasciano parlare nessuno perchè se lo sbranano prima" all'esatta definizione di "socialismo reale"... quand'è che mi sono distratta?

capisco Vesna che scrive: "quando si parla di comunismo e socialismo vero (percio' messo in atto) se si esprime un pensiero negativo sembra che si è detta una bestemia"
vero, quando si parla di Israele lancia-missili e spiana-case si viene tacciati di antisemitismo (esagero? naaaaa, succede, succede), ma ti assicuro che non ho mai voluto difendere regimi o utopie storiche: non auspico il comunismo delle uniformi blu, ma non credo che il modello chiamiamolo occidentale, per come si sta evolvendo, sia l'unica alternativa.
essere di sinistra non significa volere il regime di Tito, come essere di destra non vuol dire desiderare il ritorno del piccoletto coi baffi buffi.

delfino scrive: ciò che si propaganda va anche messo in pratica nei fatti (...) Ipotizzare un mondo dove tutti si sia allo stesso livello (seppure in prima) va bene per certi settori sociali non per tutto"
certi settori sociali? tipo la sanità l'istruzione il diritto al lavoro e ad una casa??????
perchè si dà per scontato che la destra sia liberale e la sinistra voglia piallare le iniziative personali? (non ho detto "socialismo reale", ho detto "sinistra")
e non è un controsenso affermare che la sinistra sia inevitabilmente il socialismo del "tutti allo stesso livello" e poi lamentarsi della sua egemonia culturale?
dov'è l'appiattimento dell'individuo se la maggior parte degli intellettuali insegnanti giornalisti si dichiara di sinistra? i ballerini sono tutti gay o tutti i gay sono ballerini? quelli di sinistra sono tutti intellettuali o tutti gli intellettuali sono di sinistra? oppure quelli di sinistra nun c'hanno voja de fà'n cacchio quindi studiano? (e socrate è una locomotiva?) chiedevatevelo!
vesna ha scritto:Molti non lo possono fare. Pensateci.
ci penso ogni santo giorno, davvero, senza superficialità, ma per spiegarti quello che intendo mi sa che è meglio se quoto direttamente e per intero il messaggio di johnny della pagina precedente, oggi riesco a scrivere solo boiate...
e ricordati che i lupi peggiori sono quelli con il pelo dentro (N.Jordan)
MAI GIOCARE ALLA CAVALLINA CON UN UNICORNO (M.Shea)
Da piccola mi ero autoconvinta che i regali me li portava Coppi sulla sua bicicletta... non vi dico le mazzate con gli altri bambini (Campalla)
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Punteggiatura. Sono vivo e vegeto. Sono vivo. E vegeto. (P.Cananzi)
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