Ruini: italiani maturi e ragionevoli
«Sono rimasto colpito dalla maturità del popolo italiano». Il primo commento del cardinale Camillo Ruini al risultato del referendum arriva da Fiuggi, dove il presidente della Cei giunge nel pomeriggio, per aprire con una sua relazione il Convegno nazionale delle Caritas diocesane. Il porporato trova ad attenderlo una piccola folla di cronisti e anche a loro rilascia una dichiarazione in linea con quello che in precedenza aveva detto al Tg di Sat 2000, al Tg1 e al Tg5 in tre brevi interviste registrate prima di partire da Roma. «È stato un risultato forse al di là delle previsioni. – afferma – Ma non mi sento un vincitore. Mi sento una persona e un vescovo che ha cercato di fare il proprio dovere e che ha dato voce alla propria coscienza di credente, di uomo e di cittadino».
E a proposito della legge sull’aborto, aggiunge: «Non so chi si sia inventato la piccola favola di un nostro intervento programmato contro la 194. Siamo contro l’aborto, ma non vogliamo modificare la legge. Auspichiamo piuttosto – spiega rispondendo a una specifica domanda del direttore del Tg1, Clemente Mimun – che nella sua applicazione si tenga conto il più possibile dell’importanza di favorire la vita».
Sorridente e disteso, il presidente della Cei sottolinea innanzitutto la valenza popolare del risultato. «I cittadini italiani – sostiene al microfono di Sat 2000 – certamente hanno fatto una scelta a favore della vita, ma direi che hanno fatto anche una scelta di buon senso, hanno mostrato di essere molto più maturi e ragionevoli di quello che tante volte si crede». Nessun trionfalismo, dunque. Anzi, alla giornalista del Tg5 che gli chiede: «La Chiesa torna a vincere, dopo tanti anni?», risponde: «Non userei questo linguaggio. Noi non abbiamo combattuto contro nessuno. Semmai siamo impegnati a favore dell’uomo. Quello che speriamo vinca davvero è la coscienza morale del nostro popolo e il futuro dell’uomo stesso».
Poi un primo esame del voto. «Certo non è un voto soltanto cattolico», fa notare il presidente della Cei . Anche perché al risultato hanno contribuito «cattolici e non cattolici insieme». D’altra parte, prosegue Ruini, «non è vero che il Paese sia tanto scristianizzato come spesso dicono i mezzi di comunicazione.
L’Italia ha un radicamento profondo nel cattolicesimo, senza con questo voler dire che tutti siano pienamente cattolici». Tuttavia, ricorda ancora il cardinale nell’intervista a Sat 2000, a certi valori il popolo italiano è legato e «vuole conservarli per il presente e per il futuro perché sa che sono valori importanti per la vita. Tutti devono rendersene conto. Anche coloro che magari in questo periodo pensavano che tali valori appartengano soltanto al passato e siano contrari al vero progresso».
Ma questo, gli domanda il direttore del Tg1, fa diminuire la laicità dello Stato? Ruini risponde: «Dipende da cosa si intende per laicità: se vuol dire estromissione della religione dalla sfera pubblica, allora non possiamo essere d’accordo con il concetto di laicità. Se invece con laicità si intende libertà per tutti, per la Chiesa come per chiunque altro abbia qualcosa da proporre alla gente, allora siamo pienamente per la laicità e la laicità non corre pericoli».
Sulla stessa linea si esprime anche la nota del Sir, dedicata ieri al mancato raggiungimento del quorum. «Emerge in particolare la corposa realtà di un’astensione consapevole e mirata – scrive l’agenzia promossa dalla Cei –. Sulla scelta del mondo cattolico, mai come in questa occasione propositivo e coeso, si è realizzata una spontanea e larghissima convergenza. E questo è tanto più significativo di fronte a una campagna elettorale rovente in cui il Comitato per il “sì”, promosso da radicali e diessini, aveva esplicitamente evocato il filo rosso di una antica egemonia culturale, trovando su questo vecchi e nuovi compagni di viaggio». In sostanza, afferma la nota, «la seria e lungimirante risposta alla sfida del referendum spariglia vecchi schemi e invita a guardare con fiducia a una storia accelerata».
Da un lato, infatti, si richiede «chiarezza e concretezza da parte dei cattolici». Dall’altra, conclude il Sir, il referendum dimostra «la possibilità di dare vita, come è effettivamente avvenuto, a un’ampia convergenza culturale, etica e di impegno».