4. RIFLESSIONE. NANNI SALIO: L'INSOSTENIBILE TAV
[Ringraziamo Nanni Salio (per contatti:
info@cssr-pas.org) per averci messo a disposizione come anticipazione questo articolo che comparira' sul prossimo fascicolo di "Azione nonviolenta" (per contatti: e-mail:
azionenonviolenta@sis.it, sito:
www.nonviolenti.org). Giovanni (Nanni) Salio, torinese, nato nel 1943, ricercatore nella facolta' di Fisica dell'Universita' di Torino, segretario dell'Ipri (Italian Peace Research Institute), si occupa da alcuni decenni di ricerca, educazione e azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della cultura nonviolenta in Italia; e' il fondatore e presidente del Centro studi "Domenico Sereno Regis", dotato di ricca biblioteca ed emeroteca specializzate su pace, ambiente, sviluppo (sede: via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 - 011549005, fax: 0115158000, e-mail:
regis@arpnet.it, sito:
www.cssr-pas.org). Opere di Giovanni Salio: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, II edizione riveduta, Perugia 1983; Ipri (a cura di Giovanni Salio), Se vuoi la pace educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; con Antonino Drago, Scienza e guerra: i fisici contro la guerra nucleare, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1991; Ipri (introduzione e cura di Giovanni Salio), I movimenti per la pace, vol. I. Le ragioni e il futuro, vol. II. Gli attori principali, vol. III. Una prospettiva mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Le guerre del Golfo e le ragioni della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991; con altri, Domenico Sereno Regis, Satyagraha, Torino 1994; Il potere della nonviolenza: dal crollo del muro di Berlino al nuovo disordine mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia nonviolenta, Movimento Nonviolento, Verona 2001; con D. Filippone, G. Martignetti, S. Procopio, Internet per l'ambiente, Utet, Torino 2001]
Da quindici anni il Gruppo valsusino di azione nonviolenta (in sigla: Gvan) e' al centro, insieme a una molteplicita' di altri gruppi, della lotta che
vede la popolazione locale opporsi al megaprogetto del treno ad alta velocita' (Tav) che dovrebbe collegare Torino a Lione con un percorso che prevede oltre cento chilometri di gallerie, di cui la piu' lunga (53 km) sotto il massiccio dell'Ambin. Dai tempi di Achille Croce, primo obiettore di coscienza all'industria bellica (presso le Officine Moncenisio: si veda Achille Croce, I mezzi della pace, Editoria Universitaria, Venezia 2004), e dalla seconda meta' degli anni '60, con le lotte per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza condotte insieme al Mir-Movimento Nonviolento piemontese, il Gvan e' attivo, anche con il suo mensile "Dialogo in valle" (di cui un attivo animatore nonche' fondatore fu don Giuseppe Viglongo), nel promuovere una cultura della nonviolenza.
Nel corso di questa lunga lotta contro il progetto Tav, grazie a una diffusa adesione tra la popolazione all'impostazione nonviolenta, essi hanno saputo
gestire anche momenti particolarmente difficili, come quelli degli ultimi mesi, in modo coerentemente nonviolento, con fantasia, creativita', fermezza, determinazione, e sono riusciti a impedire derive verso manifestazioni violente, provocazioni poliziesche e nuove tragedie (come la vicenda conclusasi con la tragica morte nel 1988 di due giovani anarchici, Sole e Baleno, sulla cui complessa vicenda si veda Tobia Imperato, Le scarpe dei suicidi,
www.inventati.org/fenix) ampliando l'area di sostegno e di solidarieta' sino a coinvolgere sindaci, comunita' montane, parroci, associazioni, popolazione locale, sindacati di base, tecnici e scienziati.
Ma solo negli ultimi mesi i media hanno cominciato a occuparsene su scala nazionale, fornendo spesso un'informazione parziale e distorta, descrivendo questa lotta come un tipico esempio di localismo da sindrome Nimby ("not in my backyard", non nel mio cortile), quando semmai si dovrebbe dire: "non nel mio cortile, ma neppure nel tuo". Vediamo perche', esaminando sommariamente quattro principali questioni e rimandando ad altre fonti per ulteriori approfondimenti (
www.notav.it).
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1. Prima si propongono le soluzioni e poi si inventano i problemi. In altre parole, prima si e' stabilito che si dovevano fare un insieme di linee ad
alta velocita', per scoprire poi che non erano necessarie e allora si sono inventati dei problemi. Questo vale in generale, in Italia, per molte cosiddette "grandi opere". Ma per restare al caso della Val Susa, si e' scoperto che il Tav non era necessario per la semplice ragione che non c'e' un flusso di passeggeri sufficiente per far tornare i conti. Allora si e' modificato il progetto e il Tav diventato Tac (treno ad alta capacita'), che dovrebbe permettere contemporaneamente il passaggio di treni merci e di treni passeggeri. Ma come e' facile dimostrare sul piano tecnico, treni merci e treni passeggeri sono incompatibili. Anche l'intero tracciato, i porti di accesso per il carico e scarico merci (Tir o solo container) che dovrebbero viaggiare su rotaia sono tuttora indefiniti e problematici. Un progetto fatto e rifatto piu' volte, che si rivela essere un vero pasticcio, di cui nessuno sa con esattezza i particolari.
2. Non sostenibilita' economica. Forse il punto piu' cruciale, e meno conosciuto, e' proprio questo. Il sistema dei trasporti italiano ha caratteristiche tali per cui l'alta velocita' non e', in generale, funzionale al tipo di domanda, che per l'80% richiede spostamenti su brevi e medi percorsi e non su lunghi percorsi. Il flusso di passeggeri su lunghe tratte non e' quindi tale, tranne in pochi casi, da garantire almeno il pareggio economico. Tant'e' che nessun operatore economico privato e' disposto a investire neppure un euro nel progetto Tav/Tac della Val di Susa. Garantisce lo stato, con investimenti e indebitamenti che peseranno sulle generazioni future, senza nessun beneficio se non per le grandi ditte che gestiranno per 15-20 anni un flusso enorme di denaro, stimato all'inizio in 15-20 miliardi di euro, ma molto probabilmente destinato a raddoppiare, se non triplicare: una massa enorme di denaro che contribuira' inevitabilmente ad accrescere la "corruzione ad alta velocita'" e gli appetiti delle cosche mafiose. La principale esigenza del sistema ferroviario e' in realta' quella dell'affidabilita', che consiste in quattro principali caratteristiche: alta frequenza del servizio, puntualita', continuita' su tutto l'arco delle 24 ore (non solo di giorno), struttura reticolare capillare.
3. Non sostenibilita' ambientale. Oltre ai pericoli gia' noti da studi precedenti dovuti alla massiccia presenza di minerali amiantiferi e uraniferi, si pone il problema tutt'altro che secondario dell'enorme quantita' di detriti, degli accessi secondari, del tratto di accesso in un'area gia' altamente congestionata. A tutto cio' si somma il fatto che dal punto di vista energetico e delle emissioni climalteranti, questo progetto si presenta come difficilmente sostenibile. Nessuno ha fatto valutazioni sul ritorno energetico: dopo quanto tempo l'energia risparmiata dal trasporto su ferro sara' tale da ripagare quella impiegata per realizzare l'intera opera? Ma in realta', la questione e' ancora piu' ampia. Le previsioni di una crescita futura del traffico merci sono infondate e si basano sull'ipotesi assolutamente non realistica di una disponibilita' futura di energia fossile, che invece gia' oggi sta entrando decisamente nelle fase problematica del raggiungimento del picco di produzione globale (sia del petrolio, sia del gas). In natura non esistono variabili indipendenti e neppure la crescita quantitativa illimitata del trasporto merci, e dei passeggeri, puo' essere considerata tale. Occorre invece invertire la
tendenza e ridurre la circolazione delle merci a monte.
4. Le alternative. Si possono individuare alternative a breve e medio termine, compatibili con le esigenze di salvaguardia ambientale e maggiormente sostenibili economicamente. A breve termine, il potenziamento e adeguamento dell'attuale ferrovia e' la soluzione piu' ragionevole e praticabile. Nel medio periodo si deve razionalizzare il sistema di trasporto ferroviario e autostradale riducendo il transito di merci inutili, modificando il sistema produttivo e di distribuzione orientandoci a uno sviluppo locale che richieda minori percorsi di circolazione delle merci, con una drastica riduzione dei costi energetici e ambientali. Questa, che ad alcuni puo' sembrare una strada difficile da percorrere, diventera' una scelta obbligata, man mano che sara' meno disponibile il petrolio abbondante e a basso costo. Gia' oggi ne vediamo le prime avvisaglie e dobbiamo attrezzarci prima che sia troppo tardi. Nel lungo periodo, queste scelte possono portare a riequilibrare un sistema abnorme e squilibrato, creando i presupposti di un modello di economia non piu' basato sulla crescita
quantitativa illimitata. La strada e' lunga, ma ci riguarda tutti, e occorre agire tempestivamente, prima che le avvisaglie del possibile collasso si
traducano in drammatica realta' su scala globale (cfr. Jared Diamond, Collasso, Einaudi, Torino 2005; James Howard Kunstler, Collasso, Nuovi Mondi Media, San Lazzaro di Savena, Bologna, 2005).