Festival delle letterature - 18 maggio - 22 giugno

Per discutere degli incontri passati, presenti e futuri, ufficiali, ufficiosi, informali, estemporanei e/o anarchici, compresi i C^3 (ovvero i "chi c'è c'è"), nel Lazio.

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silevainvolo
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Messaggio da silevainvolo »

ho la sensazione che questo festival di ques'anno sia un po'sottotono..caro virgilio credo che la bellezza della cervi( di cognome celebre e con un ricordo di averla trovata anni fa a parigi con dei ragazzi conosciuti in ostello della serie mi atteggio un po' perchè voleva fare l'attrice) ti abbia un po' intontito perchè la sua lettura l'ho trovata pessima....ma posso concedere che gli scrittori non sappiano leggere quello che scrivono in pubblico...zadie ha fatto una disquisizione abbastanza colta sul mestiere di scrivere e non mi è dispiaciuta..però virgi tutte al maschile ste dediche! ma almeno non ha scritto piervalerio :wink:
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Quinnipak
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Messaggio da Quinnipak »

sileva ha scritto:ma almeno non ha scritto piervalerio
:lol: :lol: :lol:

però ormai sono orgogliosissima di quell'autografo.
(fra l'altro in questa occasione timshel me l'ha fatto autografare sempre da AB con Zimona - però questa volta volontariamente :wink: )

peccato non esser riuscita a venire ieri sera... già ero curiosa, poi con i vostri pareri discordanti mi avete incuriosito ancora di più...
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Virgilio
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Messaggio da Virgilio »

silevainvolo ha scritto:la sua lettura l'ho trovata pessima
No, a me è piaciuta realmente...non era male... :wink:
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Tallmaris
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Messaggio da Tallmaris »

Ieri serata conclusiva con Gore Vidal, e Massimo (o Marcello? :think: ) Popolizio, che è proprio un sacco un sacco bravo...

Divertente, irriverente il pezzo letto da Popolizio... L'inedito letto dall'autore era invece estratto dal suo libro di memorie... tenero e commovente, ma anche eccezionalmente comico, e incentrato sul suo rapporto con Fellini...

Una serata come sempre piacevolissima. :)
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DOTTAZEL
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Messaggio da DOTTAZEL »

Ma come ieri, io ero convinta che Vidal sostituisse Saramago OGGI :uaah!: sono disperata com'era lui? è davvero spiritoso e irriverente e simpatico e volevo vederloooooooo
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Momo
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Messaggio da Momo »

Non sono informatissima...ma mi sembra che Saramago
avesse cancellato l appuntamento per problemi personali... :think:
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DOTTAZEL
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Messaggio da DOTTAZEL »

Si, Saramago non c'era ma su un giornale di quelli che danno gratis in metro, avevo letto che sarebbe stato sostituito da Vidal, mi sembrava scontato che la sostituzione fosse per quel giorno :( me tapina
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Momo
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Messaggio da Momo »

Scusate il delirio...avevo letto male...
Meno male che esistono le zitelle acide a farmi da angeli custodi...
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Virgilio
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Messaggio da Virgilio »

Già Gore Vidal era anticipato rispetto a Saramago... :wink:

In compenso se mi date tempo e non avete fretta prometto di postare il testo inedito che avrebbe dovuto leggere Saramago, ho provato a cercarlo sul sito ma non c'era...
Solo dovete aspettare almeno domenica che tra poco parto per qualche giorno!! :P
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mikime
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Messaggio da mikime »

Ecco, il testo inedito di Saramago l'hanno dato il martedì di Zadie Smith, ce l'ho pure io, mi ero dimenticata di dirlo. Però ce l'ho in forma cartacea e non ho modo di trasformarlo per ora.... se serve però c'è.

Bye!

Miki
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Messaggio da Tallmaris »

Perché qualcuno non lo legge al reading magari?
http://www.bookcrossing-italy.com/BCfor ... 218#297218

Comunque mi sa che per trasformarlo l'unico modo che hai è mettere le manine sante sulla tastiera e digitare... :|
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Virgilio
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Messaggio da Virgilio »

Sì si potrebbe anche leggere al reading...poi vediamo!
Ma il foglio è scritto in modo abbastanza chiaro, con scanner e OCR sicuramente si fa abbastanza presto...
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Messaggio da Virgilio »

LETTERATURE 2006
FESTIVAL INTERNAZIONALE DI ROMA V EDIZIONE

Suppongo che al principio dei principi, prima che avessimo inventato la parola, che, come sappiamo, è la suprema creatrice di incertezze, non ci avrebbe tormentato alcun dubbio serio su chi eravamo e sul nostro rapporto personale e collettivo con il luogo in cui ci trovavamo. Il mondo, ovviamente, poteva essere solo quello che i nostri occhi vedevano in ogni momento, e anche, come importante informazione complementare, quello che gli altri sensi - l'udito, il tatto, l'olfatto, il gusto - riuscissero a percepirne. In quel momento iniziale il mondo fu pura apparenza e pura superficie. La materia era semplicemente ruvida o liscia, amara o dolce, aspra o insipida, sonora o silenziosa, con odore o senza odore. Tutte le cose erano ciò che sembravano essere per l'unica ragione che non c'era alcuna ragione per cui sembrassero o fossero un'altra cosa. In quelle antichissime epoche non ci passava per la testa che la materia fosse "porosa". Oggi, però, sia pur sapendo che, dall'ultimo dei virus all'universo, non siamo altro che composizioni di atomi e che nel loro interno, oltre alla massa che gli è propria, ancora avanza spazio per il vacuo (il compatto assoluto non esiste, tutto è penetrabile), continuiamo, proprio come avevano fatto i nostri antenati delle caverne, ad apprendere, identificare e riconoscere il mondo in base all'apparenza con cui ci si presenta. Immagino che lo spirito filosofico e lo spirito scientifico dovranno essersi manifestati il giorno in cui qualcuno ebbe l'intuizione che tale apparenza, al tempo stesso dell'immagine esteriore catturarle dalla coscienza e da questa utilizzata, poteva essere, anche, un'illusione dei sensi. Sebbene abitualmente più riferita al mondo morale che al mondo fisico, è nota l'espressione popolare in cui quell'intuizione venne a plasmarsi: "Le apparenze illudono". O ingannano, che poi è lo stesso.
Non è mio proposito aprire qui un dibattito sull'ipotetico rigore logico dell'antinomia naturale / artificiale che ci è stata proposta. Credo che, in senso ampio, l'opposto esatto di naturale dovrebbe essere soprannaturale, ma è evidente che l'analisi di questi concetti, in particolare del secondo, ci trasporterebbe, immediatamente, fuori dai limiti che pare ci siano stati tracciati previamente: quelli dell'estetica e della creazione letteraria e artistica. Potremmo anche argomentare che, in senso stretto, naturale è tutto ciò che non è culturale, il che, in qualche maniera, ci riporterebbe a quella prima antinomia, considerando che tra le diverse definizioni di artificiale troviamo, per esempio, ciò che è prodotto dalla mano dell'uomo, non dalla natura. Eppure, l'esperienza ha mostrato che, perché qualcosa si converta da naturale in artificiale, non è neppure indispensabile che si sia progrediti in un qualche processo di produzione: in molti casi è bastata, con i suoi cinque sensi e il suo cervello indagatore e definitore per eccellenza, la semplice comparsa dell'uomo nella natura. Come tutti sappiamo, l'osservatore turba sempre ciò che viene osservato. Ciò posto, parrebbe che, senza ulteriori ostacoli di ordine logico o metodologico, potremmo passare, finalmente, all'esame dell'antinomia naturale/artificiale proposta. Ancora no. L'acqua è stata semplicemente il nome che le abbiamo dato prima di sapere che è composta da una parte di ossigeno e due di idrogeno. Non vediamo gli atomi, ma loro ci sono. Loro sono l'acqua. Una cosa è l'apparenza dell'acqua, un'altra l'acqua in sé.
Vi starete domandando se, in luogo dello scrittore che vi era stato promesso, l'organizzazione del Festival non avrà deciso, all'ultimo momento, di portarvi un biologo o un fisico. Né biologo né fisico. È certo, però, che, benché più conosciuto come scrittore, non è in questa qualità che mi presento qui, ma solo come un cittadino cui preoccupa che le cose vengano confuse con i nomi che gli hanno dato e che da questi finiscano per essere negate. Non parlerò, dunque, di letteratura, ma di politica, non parlerò di libri, ma di democrazia. In particolare, parlerò di quella che ho cominciato a chiamare l'illusione democratica, prendendo la parola illusione nei suoi duplici e opposti significati correnti: da un lato, inganno dei sensi e della mente, falsa apparenza, dall'altro lato, sogno, delirio, chimera, presenti, gli uni e gli altri, come le due facce della stessa eterna medaglia, il bifronte emblema del possibile e del necessario, della realtà e del desiderio, maschere che per occultare il volto lo ripetono, volti che, con il tempo, finiscono sempre per imitare la maschera.
Qualsiasi manuale di Diritto Politico elementare ci dirà che la democrazia è "una organizzazione interna dello Stato in cui spetta al popolo l'origine e l'esercizio del potere politico, in cui è il popolo governato a governare attraverso i suoi rappresentanti", essendo in tal modo garantite, aggiunge il manuale, "la simbiosi e l'intercomunicazione fra i governanti e i governati nel quadro di uno Stato di diritto". Definizioni come queste, di una pertinenza e di un rigore formale che sembrano sfiorare le frontiere di una scienza esatta, equivarrebbero, nell'ambito particolare del nostro quotidiano biologico, a pretendere di ignorare l'infinita gradazione di stati morbosi, patologici o degenerativi che in ogni momento possiamo identificare nel nostro stesso corpo.
Una breve ed elementare incursione nella storia delle idee politiche mi servirà per introdurre due dati che, essendo di conoscenza generale, sono soliti essere, con la scusa che i tempi sono cambiati, trascurati quando arriva il momento di riflettere, non già sulle definizioni di democrazia, ma sulla sua sostanza concreta.
Il primo ricorda che la democrazia è nata nella Grecia classica, intorno al V secolo a.c. , che tale democrazia presupponeva la partecipazione di tutti gli uomini liberi nel governo della città, che si basava sulla forma diretta, in quanto tutte le cariche erano elettive, e che i cittadini liberi avevano diritto a votare e a presentare proposte nelle assemblee popolari.
Il secondo registra che a Roma, prima e più diretta erede delle innovazioni civilizzatrici dei Greci, il sistema democratico, nonostante le prove date nel paese d'origine, non poté essere impiantato. Vediamone le ragioni. Il principale e definitivo ostacolo all'instaurarsi della democrazia a Roma provenne dall'enorme potere economico di un'aristocrazia fondiaria che, molto giustifìcatamente, considerava il sistema democratico come nemico dei propri interessi. Tenendo sia pure in conto i pericoli che le estrapolazioni di tempo e di luogo portano con sé, non resistiamo a domandarci se gli imperi industriali e finanziari di oggi, sia quelli di ambito nazionale sia quelli multinazionali e pluricontinentali, non staranno, anch'essi, seguendo la logica esclusiva e implacabile dei loro interessi, contribuendo, in modo freddo e deliberato, alla limitazione di una possibilità democratica che, sempre più lontana cronologicamente dalle sue espressioni, d'origine, si trova oggi sulla strada di un rapido deperimento, mantenuta nelle forme e nelle apparenze, ma profondamente pervertita nella sua essenza.
Apprendiamo dai libri, ma soprattutto dalle lezioni della vita, che a ben poco ci serve una democrazia politica, per quanto equilibrata sembri essere nelle sue strutture interne e nel suo funzionamento, se non è stata costituita come radice e ragione di una effettiva e concreta democratizzazione economica e una non meno effettiva e concreta democratizzazione culturale. Dirlo al giorno d'oggi dovrà sembrare, più che una banalità, un esausto luogo comune di certe inquietudini ideologiche del passato, ma sarebbe chiudere gli occhi alla realtà non riconoscere che quella trinità democratica - politica, economica, culturale -, ciascuna di esse complementare delle altre, ha rappresentato, al tempo della sua prosperità come idea del futuro, una delle più entusiasmanti bandiere civiche che mai siano state capaci di commuovere i cuori, scuotere le coscienze e mobilitare le volontà. Oggi, disprezzate e gettate nel cassonetto della spazzatura delle formule che l'uso ha stancato e deformato, l'idea di una democratizzazione economica ha dato luogo a un mercato oscenamente trionfante e l'idea di una democratizzazione culturale è stata sostituita da un processo inarrestabile di massificazione industriale degli ozii. Non abbiamo progredito, siamo tornati indietro. E diventerà sempre più assurdo parlare di democrazia se ci ostineremo nell'equivoco di identificarla solo con le sue espressioni quantitative e meccaniche che si chiamano partiti, parlamenti e governi, senza badare al suo contenuto reale e all'utilizzo che si fa del voto che li ha giustificati e li ha messi nel posto che occupano. Non si creda che io sia il provvidenziale inventore di una ricetta magica che permetterebbe ai popoli, d'ora innanzi, di vivere senza governi: unicamente mi rifiuto di accettare che sia possibile governare e desiderare di essere governati solo secondo i modelli democratici in uso, a mio parere incompleti e incoerenti, che pretendiamo di rendere universali, in una specie di disorientata fuga in avanti, come se volessimo fuggire dai nostri fallimenti invece di riconoscerli come quello che sono (dei fallimenti) e lavorare per vincerli.
Come sempre è successo, e sempre dovrà succedere, la questione centrale di qualsiasi tipo di organizzazione sociale umana, dalla quale tutte le altre decorrono e alla quale tutte finiscono per concorrere, è la questione del potere, e il problema teorico e pratico con cui ci confrontiamo è identificare chi lo detenga, appurare come ci sia arrivato, verificare l'uso che ne fa, i mezzi di cui si serve e i fini a cui tende. Se la democrazia fosse, di fatto, ciò che con autentica o finta ingenuità continuiamo a dire che è, governo del popolo, dal popolo e per il popolo, qualsiasi dibattito sulla questione del potere perderebbe molto del suo significato, dal momento che, se il potere risiede nel popolo, sarebbe al popolo che competerebbe la sua amministrazione, e, se è il popolo ad amministrare il potere, è chiaro che dovrebbe farlo solo per il proprio bene e per la propria felicità, giacché a questo lo obbligherebbe quella che io chiamo, senza alcuna pretesa di rigore concettuale, la legge della conservazione della vita. Orbene, solo uno spirito perverso, panglossiano fino al cinismo, oserebbe predicare la felicità di un mondo che, al contrario, nessuno dovrebbe pretendere che accettassimo tale e qual è solo per il fatto che è, ipoteticamente, il migliore dei mondi possibili. È la stessa e concreta situazione del mondo chiamato democratico che ci dice che, se è vero che i popoli sono governati, è anche vero che non lo sono da se stessi né per se stessi. Non è in democrazia che noi viviamo, bensì in una plutocrazia che ha cessato di essere locale ed è prossima a divenire universale e distante.
Per definizione, il potere democratico dovrà essere sempre provvisorio e congiunturale, dipenderà dalla stabilità del voto, dalla fluttuazione delle ideologie o degli interessi di classe, e, come tale, può essere visto come un barometro organico che via via registra le variazioni del volere politico della società. Ma, ieri come oggi, e oggi con un'ampiezza sempre maggiore, abbondano i casi di cambiamenti politici apparentemente radicali che hanno avuto come effetto dei radicali cambiamenti di governo, ma cui non hanno fatto seguito i cambiamenti economici, culturali e sociali radicali che il risultato del suffragio aveva promesso. .Dire oggi "governo socialista", o "socialdemocratico", o "conservatore", o "liberale", e chiamarlo potere, è voler nominare qualcosa che non sta dove sembra, ma in un altro luogo irraggiungibile - quello del potere economico e finanziario di cui possiamo cogliere i contorni in filigrana dietro le trame e le maglie istituzionali, ma che invariabilmente ci sfugge quando tentiamo di avvicinarci un po' di più e inevitabilmente contrattacca se abbiamo la velleità di volerne ridurre o regolare il dominio, subordinandolo all'interesse generale. Con altre e più chiare parole, dico che i popoli non hanno eletto i propri governi affinché essi li "portassero" al Mercato, mentre è piuttosto il Mercato che condiziona in tutti i modi i governi affinché gli "portino" i popoli. E se parlo così del Mercato è perché esso, oggi, e più che mai ogni giorno che passa, è lo strumento per eccellenza dell'autentico, unico e indiscutibile potere, il potere economico e finanziario mondiale, quel potere che non è democratico perché non l'ha eletto il popolo, che non è democratico perché non è retto dal popolo, che infine non è democratico perché non tende alla felicità del popolo.
Non mancheranno sensibilità delicate che trovino scandaloso e provocante quanto
ho appena detto, ancorché debbano concordare che non ho fatto altro che enunciare
alcune verità trasparenti ed elementari, dati correnti dell'esperienza quotidiana, semplici
osservazioni del senso comune. Su queste e altre non meno chiare evidenze, però, hanno
imposto le strategie politiche di tutte le facce e di tutti i colori un prudente silenzio perché
non si osi insinuare che, conoscendo la verità, stiamo praticando la menzogna e
accettiamo di esserne complici.
Il nostro antenato delle caverne diceva: "È acqua". Noi sappiamo che in quest'acqua ci sono due parti di idrogeno e una di ossigeno. E sappiamo anche di più: che è contaminata.

traduzione di Rita Desti
José Saramago, 2006
Ecco qui, per eventuali errori prendetevela con il mio OCR!! :P
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Messaggio da liberliber »

(in ritardo di due pagine) ma... ma... Virgì, il libro che Perez Reverte sta autografando è IL MIO? proprio il mio? quello con tutte le orecchie? :bounce: :bounce: :bounce:
Ho potuto così incontrare persone e diventarne amico e questo è molto della mia fortuna (deLuca)
Amo le persone. E' la gente che non sopporto (Schulz)
Ogni volta che la gente è d'accordo con me provo la sensazione di avere torto (Wilde)
I dream popcorn (M/a)
VERA DONNA (ABSL)
Petulante tecnofila (EM)


NON SPEDITEMI NULLA SENZA AVVISARE!
Meglio mail che mp. Grazie.
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Messaggio da Virgilio »

:yes!: ...l'altro era ancora tra le mie mani, ma pronto a farsi autografare! :D
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Messaggio da liberliber »

yeeeeeeeeeeeh! Grazie!
:notworthy:
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