G8 di Genova. 5 anni dopo.

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shandy
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G8 di Genova. 5 anni dopo.

Messaggio da shandy »

iQuindici ha scritto:“Il giorno dopo c'erano i segni di una pace terrificante"
Fabrizio De André

Silenzio.
Un silenzio opaco, da coprifuoco, interrotto solo dai passi pesanti delle pattuglie che fanno risuonare il selciato.
Silenzio.
Nell’aria umida di maccaia gli elicotteri volano basso, minacciosi, strani uccelli metallici che spaventano i gabbiani.
Silenzio.
Strade deserte, pochi passanti frettolosi che si nascondono nei portoni per non incrociare i militari e i poliziotti di ronda, reti metalliche a chiudere le strade e le piazze.
Una città prigioniera.
Silenzio.
Vuoto.
Niente puttane, niente spacciatori, niente punkabbestia, niente clandestini zingari spadaccini e uomini liberi.
Il massimo dell’ordine, il minimo della libertà.
Tra i palazzi antichi qualche irriverente ha sciorinato un gonfalone di mutande di pizzo nero, reggicalze e guepieres, che, come ha commentato un vicino, sembrano il bucato di un bordello.
Perché al Capo non piacciono le mutande distese ad asciugare al sole.
Le forze dell’ordine che picchiano a sangue manifestanti indifesi.
Il nodo acido dei lacrimogeni incastrati in gola.
I tombini sigillati per impedire assalti da parte di commandos armati di siringhe infette.
Il corpo fragile di un ragazzo spezzato da una pallottola.
Questi sono spettacoli ai quali il Capo non ha nulla da obiettare.
Le mutande no, gli illustri ospiti potrebbero turbarsi.
Silenzio.
Notte.
In una casa, in cento case, si ascolta Radio Popolare con il fiato sospeso.
L’assalto alla Diaz, tutto il golpe minuto per minuto, posso dormire da te, stasera? Ho paura che mi vengano a prendere. Signora, signora, la prego mi apra mi faccia entrare, per piacere, questi mi ammazzano…
Tradimento. Vergogna. Rabbia.
Incubi, per mesi e mesi.
Doveva essere una festa, singhiozza una ragazza inginocchiata in mezzo alla strada.
Uno di meno, urlano i torturatori nei loro covi.
Un altare laico in una piazza, distrutto e ricreato giorno dopo giorno come la tela di Penelope della memoria.
Piazza Carlo Giuliani, ragazzo.
No, non si può dimenticare.

Cinque anni dal 20 luglio 2001, questo numero è dedicato a Carlo e a tutto quello che il G8 ha rappresentato. Questo è un INCIQUID resistente, molto amaro, che non regala niente a nessuno, e che ha poco di “carino”; questa volta lo vogliamo fare così.
Parole resistenti, quindi. Le decliniamo nei vari modi in cui le conosciamo, cominciando da Genova 5 anni fa anzi, Genova tra qualche anno, nello splendido romanzo “A mani alzate” scritto da una di noi, Paola Ronco, che quest’anno ha conquistato con questo testo la finale del Premio Calvino e quindi si merita la nostra apertura.
Poi iniziamo a tornare indietro, agli anni di piombo, ma li raccontiamo ormai conclusi con gli occhi di un uomo braccato: “In un’altra vita” Costanzo Dodi ci narra di fuga e clandestinità, paura e galera, e del comico che preme sul tragico, quando non c’è più nient’altro, e resta solo l’uomo. Ancora un passo indietro, e torniamo alle lotte sindacali degli anni ‘50-’60, lasciando la parola a un suo protagonista che non ha pretese di grande scrittore ma ci mette a disposizione la sua storia, raccontata in un modo semplice ma efficace, denso, commovente. È Redento Castaldo, un uomo non più giovane che ci fa omaggio di un suo documento di vita “Autobiografia napoletana”. Pubblichiamo il suo lavoro in tre puntate, lo troverete poi completo nella nostra biblioteca.
L’ultimo passo indietro lo facciamo con un romanzo dove una storia partigiana si tesse su una trama avvincente, ambientata nel presente: uno storico olandese alla ricerca di un reperto ottocentesco finisce per appassionarsi alla storia di un partigiano, con tutti i misteri, le reticenze, i complotti e la rabbia che si porta dietro, nascosti in grotte carsiche della costiera ligure. “Il cavaliere e il nemico” di Marino Magliani è un giallo che scende come un birra gelata e pizzica la lingua, facendoci chiudere i romanzi presentati in questo numero con un po’ di sapiente malizia.

Tiriamo un po’ il fiato con i racconti, ma non troppo: “Kind of Blue” di Luigi Casa è una novella noir intelligente e ben scritta, che ci porta nella solita bassa bolognese a rimestare ancora una volta nel torbido, mangiandoci le unghie sotto l’ombrellone.
E dal torbido non ci allontaniamo con una storia romana, storia di spaccio e sbirri e mezz’etti nascosti nelle mutande, un tiro di coca proposto da Emiliano Bertocchi nel suo “Giorno di lavoro”.
Ma è torbida anche la nostra conclusione femminile: non lasciatevi ingannare dal suo titolo, “Dell’amicizia”, Sandra Risucci mette a nudo sentimenti e livori, nella pochezza dell’insincerità, dell’impossibilità di comunicare davvero, frugando col bisturi nelle emozioni più profonde.

Ve l’avevamo detto, questo è un INCIQUID amaro, a suo modo sgradevole, ma ne siamo molto orgogliosi: sono le nostre PAROLE RESISTENTI.

Buona lettura.
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Watch Out, There's a Toblerona About.
A revolution is the solution.
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