Mi ha colpito particolarmente il contrasto tra la lingua molto emotiva, spesso quasi poetica, che ho trovato altre volte nella scrittura araba (ad esempio nelle Mille e una Notte nell'originale versione non "europeizzata"), e l'estrema crudezza di molte delle situazioni raccontate.
Lo sfondo è quello dell'ascesa al potere di Saddam Hussein, con la spaventosa repressione di qualunque dissenso, la persecuzione contro i curdi, l'invasione rovinosa dell'Iraq e la conseguente, dissennata guerra con buona parte del mondo.
La storia è quella di una famiglia che racchiude in sé molte delle possibili storie di quei momenti: il fratello maggiore parte per l'Europa per studiare, ma in realtà perché sente la catastrofe in arrivo; il padre panarabista si chiude in se stesso astraendosi dal mondo in silenziosa protesta contro il male che viene fatto alla sua gente.
.Alla morte del padre, tutto precipita. La madre, profondamente innamorata del marito, precipita nella disperazione, e pur disapprovando il regime non riesce in realtà ad andare oltre e non riesce ad arginare la tragedia della profonda divisione che colpisce la sua famiglia. Il secondogenito Walid diventa un fanatico seguace del regime al punto da non esitare a sparare al fratello "ribelle", Firas, che è in un certo senso il protagonista e per gran parte il narratore della storia, anche se poi ogni componente della famiglia esprime il suo punto di vista, compreso Walid. Invece di Firas, uccide un altro fratello, il dolce Anis, che si era messo in mezzo per proteggerlo.
Firas abbraccia poi la rivolta armata, ma abbandonati dagli Americani, i ribelli finiscono quasi tutti in carcere, molti moriranno, altri verranno torturati barbaramente. Alla fine Firas invece riuscirà a partire, lasciando definitivamente la speranza di cambiare la vita del suo paese
Nonostante la storia così cruda e certo "pesante", nel senso di impegnativa, devo dire che è estremamente coinvolgente, uno di quei libri che mi hanno tenuta incollata. Persino nelle sere in cui avrei pensato di non farcela, di voler ripiegare su letture più leggere, ho finito per proseguire, incapace di staccarmi.
Questi sono alcuni piccoli assaggi, la prima è la "voce" di Anis, negli altri due brani invece è Firas a parlare:
1.
Il sole impregnava la mia pelle, riempiva la mia anima, la rendeva tiepida, rilassata, mi abbracciava e mi accarezzava, mi faceva sentire una minuscola farfalla folleggiante in un mare di luce. Passavo tutto il mio tempo con i miei colombi nello spazio luminoso del terrazzo della casa, nella mia adorata solitudine.
Dopo la partenza di mio fratello maggiore per l'estero, per me non c'era altra scelta, non riuscivo a vivere in pace in un mondo che non mi apparteneva, occorreva crearne uno personale, mio.
Stare in alto mi dava la sensazione di essere protetto e mi tutelava dagli uragani che ogni tanto spazzavano via, verso la voragine del nulla, uomini e donne, giovani e vecchi, alberi e pecore.
Stavo seduto nel cerchio del sole respirando la vita attraverso i tiepidi raggi che mi cadevano addosso come pioggerellina estiva, e nelle loro onde lasciavo vagare la mente.
Gli uccelli mi volavano introno come nuvolette colorate, gonfiavano le ali, tubavano e copulavano liberi nella magica serenità del silenzio regnante in quello che per me era il tetto del mondo. Loro mi davano, soltanto con la loro presenza, con il loro volo sciolto e con le loro feste, l'amore per una vita che io non avevo scelto.
2.
[...]Con Hasan si parlava molto attraverso la fessura sotto la porta, la posizione era scomoda ma sentire una voce umana in quel posto immerso nella tenebra dell'odio era come una melodia per non morire. Mi raccontava della sua vita e si discuteva di religione e di storia. Seppi che lui era l'unico maschio rimasto con un padre anziano e cieco, la mamma e due sorelle dopo che suo fratello maggiore era fuggito all'estero.
Erano sciiti e il regime aveva accusato il fratello di appartenere al partito di al-Da'wah, lo avevano arrestato e rilasciato, ma prima di arrestarlo per la seconda volta, come fecero con tanti altri, era riuscito a fuggire [...] Per costringerlo a consegnarsi e per far soffrire i suoi avevano arrestato il fratello più piccolo portandolo molto lontano da casa sua. Era della mia stessa età, ma era fragile e sentiva la mancanza dei familiari.
[...] Non so quanto tempo fosse passato da quando l'avevo sentito piangere, poi il silenzio, forse si era addormentato. Una mattina presto erano venuti a prendere il povero Hasan, lo sentivo gridare, disperato:
"Non voglio morire!"
Non ero mai riuscito a vedere la sua faccia, ma cercavo di immaginare i suoi lineamenti. Lo vedevo magro, di carnagione scura e statura media. Gli occhi tristi.
Diventare amico di una voce, un lamento, un dolore, di una storia drammatica di sofferenze e di tanta ingiustizia era come avere a che fare con tutto un popolo che non ha volto, con tutto il suo dispiacere e tutta la sua rabbia. Hasan era uno dei tanti che soffrivano in silenzio e che venivano calpestati e fatti sparire per un semplice sospetto. Era la voce della nostra debolezza, del nostro sogno soffocato dalla paura e dal terrore che non abbiamo potuto evitare. Non potevo dare un volto a un insieme di impressioni se non il mio.
3.
[...] Ci condussero in infermeria per il controllo medico e al termine ci proposero un bagno veloce offrendoci dei vestiti nuovi, un letto e una coperta a testa. L'interprete ci spiegò che eravamo nel Sud Italia, a San Foca in Puglia, dove avvenivano la maggior parte degli sbarchi provenienti dall'Albania. Il nostro viaggio della speranza sembrava aver raggiunto la fine.
Il primo piatto di spaghetti che ci offrirono per me sapeva di medicine e mi faceva senso, ma lo mangiai ugualmente con le mani: non sapevo come arrotolare con la forchetta. Presto mi abituai a quello strano gusto e mi innamorai della cucina italiana.
Il giorno dopo, gli abitanti della città vicina vennero in fila nel nostro campo, con piatti locali cucinati per noi, abiti semplici, regali e dolci. Quella scena di processione di pietà ci fece radunare dietro la grata di filo di ferro con le lacrime agli occhi. Udii la voce di uno dei nostri dire commossa:
"Questi sono dei veri musulmani, sono più musulmani di tanti dei nostri che dicono di professare l'Islam ma non si comportano da buoni credenti."
Un altro, dietro, rispose:
"E' la pietà umana, fratello, l'amore per l'altro che il nostro Unico Dio ci ha donato, questa gente se la sente dentro."