senza dubbio l'opera maggiormente autobiografica di Bernhard, scritta perchè, forse, sentiva vicina la morte o, forse perchè aveva il bisogno di toccare fino in fondo le corde della sua anima. e quale occasione migliore se non quella di raccontarsi attraverso la storia di una strana amicizia in cui si intrecciano filosofia e pazzia, salute e malattia, musica e premi letterari? In un gioco di specchi le vite di T. Bernhard e Paul Wittgenstein, nipote eccentrico del famoso Ludwig, si presentano ora parallele, ora simmetriche, ora coincidenti a dimostrare quanto sia sottile e ingannevole il confine tra follia e normalità.
un piccolo romanzo, attraversato da un feroce umorismo, che al di là di una serie di pittoreschi episodi di vita (le rabbie dello scrittore-filosofo e quelle del filosofo-viveur, le provocazioni durante la consegna di un premio letterario...) fa riflettere sulla vecchia questione se sia meglio 'praticare' o 'pubblicare la propria saggezza.
una particolarità: il "nipote" si legge tutto d'un fiato...soprattutto perchè Bernhard fa un uso piuttsto limitato della punteggiatura
ciao, gea