
Juli Zeh
Un semplice caso crudele
Oskar è un fisico di successo al Cern di Ginevra, Sebastian, suo vecchio compagno di studi, un
modesto ricercatore dell’Università di Friburgo. Durante una cena, fra i due scienziati scoppia
una lite. Poco tempo prima un uomo accusato di omicidio si è difeso sostenendo di essere
originario di un universo parallelo dove la sua vittima è ancora in vita, affermando di avere
commesso il crimine solo per dimostrare la celebre «interpretazione a molti mondi». Oskar
rimprovera all’amico di avere avallato in pubblico questa discussa teoria della fisica
quantistica, un atteggiamento non solo esecrabile, ma anche pericoloso da un punto di vista
etico, e sfida Sebastian a un dibattito televisivo sull’argomento: che cos’è la realtà? È unica?
Esiste al di fuori della nostra percezione?
Passa qualche giorno e Sebastian sta portando il figlio Liam a un campo scout in Austria.
Uscendo dai bagni di una stazione di servizio dove ha fatto sosta, scopre che la sua macchina,
con il bambino dentro, non c’è più. Prima di dare l’allarme riceve una telefonata: se vuole
rivedere il figlio dovrà uccidere Dabbeling, un medico anestesista implicato in uno scandalo
farmaceutico. Sebastian compie l’omicidio, quindi, disperato, denuncia la sparizione del figlio.
Scoprirà con sgomento che Liam è arrivato al campo scout senza alcun problema.
A fare luce sulle due vicende, che appaiono subito collegate, viene chiamato il commissario
Schilf, un genio della criminologia affetto da tumore al cervello. Per risolvere il suo ultimo
caso dovrà indagare l’essenza stessa del tempo…
Juli Zeh (Bonn, 1974) ha affiancato agli studi di letteratura la laurea e il dottorato in
giurisprudenza, e tuttora si divide fra la scrittura e la ricerca universitaria. Dopo avere
soggiornato all’estero per lunghi periodi, oggi vive a Barnewitz, nel Brandeburgo. I suoi
romanzi, tradotti in tutto il mondo e pluripremiati, sono stati ripetutamente in testa alle
classifiche di vendita tedesche. In Italia sono stati pubblicati Aquile e angeli (Roma, 2005) e
Gioco da ragazzi (Roma, 2007).
«Pochi hanno in dono l’arte di temere le cose giuste. Alcuni salgono in aereo con le ginocchia
molli, e a casa, per cambiare la lampadina del bagno, montano senza paura sulla scaletta. Se
un uccello cade morto dal cielo, i più pensano alla fine del mondo. E se arriva la tragedia vera,
che non è mai collettiva, ma sempre personale, suppongono che sì, peggio non potrebbe
andare, mentre l’orrore autentico deve ancora venire… Non sanno di trovarsi nella sala
d’attesa della catastrofe, che non è il colpo, ma la caduta libera.»