Ho scoperto Fabrizio troppo tardi. Pochi anni dopo la sua morte, e quello che mi fa rabbia è che avrei avuto già l'età per amarlo, ma semplicemente non lo conoscevo.
Dopo, ho cominciato a raccogliere cd qua e là, sempre pochi, non ancora tutti.
De Andrè per me è sofferenza, sempre, eppure una di quelle sofferenze masochiste che danno gioia (come la tipa che esce dal cinema dicendo "che bel film, ho pianto tanto").
Ogni volta che parlo delle sue canzoni e cito "il testamento" pare non la conosca nessuno, la confondono tutti con "il testamento di tito".
Ogni volta che ascolto le canzoni in dialetto soffro di non essere sarda, genovese, napoletana...
Ogni volta che penso "è morto", mi viene una rabbia, una tristezza, le lacrime agli occhi. Mi dispiace non aver visto un suo concerto, mi dispiace perfino di non aver visto il suo funerale, di non aver sofferto allora. Soffro adesso, e ascolto le sue canzoni.
Ogni volta che esce un tormentone estivo insulso (devo ancora smaltire il terrore provato sentendo ovunque, per tre mesi, "ti raserò aiuola") io penso a questa canzone, poesia pura e mi convinco che non ci sarà più un De Andrè:
IL RITORNO DI GIUSEPPE
Stelle, già dal tramonto,
si contendono il cielo a frotte,
luci meticolose
nell'insegnarti la notte.
Un asino dai passi uguali,
compagno del tuo ritorno,
scandisce la distanza
lungo il morire del giorno.
Ai tuoi occhi, il deserto,
una distesa di segatura,
minuscoli frammenti
della fatica della natura.
Gli uomini della sabbia
hanno profili da assassini,
rinchiusi nei silenzi
d'una prigione senza confini.
Odore di Gerusalemme,
la tua mano accarezza il disegno
d'una bambola magra,
intagliata del legno.
"La vestirai, Maria,
ritornerai a quei giochi
lasciati quando i tuoi anni
erano così pochi."
E lei volò fra le tue braccia
come una rondine,
e le sue dita come lacrime,
dal tuo ciglio alla gola,
suggerivano al viso,
una volta ignorato,
la tenerezza d'un sorriso,
un affetto quasi implortato.
E lo stupore nei tuoi occhi
salì dalle tue mani
che vuote intorno alle sue spalle,
si colmarono ai fianchi
della forma precisa
d'una vita recente,
di quel segreto che si svela
quando lievita il ventre.
E a te, che cercavi il motivo
d'un inganno inespresso dal volto,
lei propose l'inquieto ricordo
fra i resti d'un sogno raccolto.
(ma scusate, la mia mezzamela è l'unico che non apprezza? che mi tocca chiudermi in camera per ascoltare?

)