
Lettera aperta di Maria Fida Moro, figlia dello statista assassinato dalla Brigate Rosse, al regista Marco Bellocchio, autore di “Buongiorno, notte”.
Gentile Signore,
so che le mie parole hanno poco peso, ma intendo pronunciarle ugualmente per amore di verità. È stato detto di tutto e di più tranne poche cose essenziali. Tanto più sono forti i legami di affetto che ci legano a qualcosa che amiamo, tanto più risulta intollerabile l'indebita intrusione nella sfera intima, quella privata appunto che appartiene a chi l'ha vissuta. Arrogarsi a qualsiasi titolo il diritto di irrompere nella vite altrui e di farne scempio non è il massimo esempio di umanità. Farne scempio è per esempio far veder cose che sono "false" come se fossero vere.
Forse il termine più esatto è illusorie. Lei lo sa di che colore era la vestaglia di papà? Ci ha mai mangiato insieme? E' andato al cinema con lui? Ha viaggiato con lui? Gli ha mai visto mimare gli articoli di Fortebraccio o sedare le dispute o far ridere a crepapelle tutti i presenti? Non lo ha mai conosciuto davvero e non potrà più conoscerlo. Può immaginare, ipotizzare, fare delle supposizioni. È questa approssimazione che mi ferisce e mi dà dolore, un dolore davvero insopportabile
Ma lei, Martinelli e Ferrara avevano il diritto giuridico di creare o ricreare una fattispecie di realtà. Ma si tratta di un atto che produce ulteriore dolore nel caso non ce ne fosse già stato abbastanza. Non riporta in vita mio padre, né cancella la sua agonia. Se riaprisse una questione politica irrisolta avrebbe forse più senso ed almeno il prezzo del dolore sembrerebbe meno salato; se fosse di pura fantasia e visto da lontano risulterebbe meno insopportabile. E poi perché questa fissazione di interessarsi solo all'agonia ed alla morte. La vita deve prevalere sempre nella sua essenza amorevole e totalizzante, la vita conta più della morte, la luce vince le tenebre. lo ci credo e mio padre ci credeva.
Se Lei avesse potuto verificare che effetto hanno prodotto i manifesti del suo film su mio figlio e su di me non crederebbe ai suoi occhi. Manifesti belli e ben fatti, ma terribili. Come spiegare quanto sia tremendo percorrere e ripercorrere per sempre il sentiero obbligato dei 55 giorni. Aldo Moro era ben altro e ben di più della vittima sacrificale dei marzo 1978. Non imputo a lei di aver configurato un'immagine di mio padre non rispettosa, ma semplicemente di aver attinto a fonti non cristalline e di aver voluto, a sua volta, ridurre i 62 anni della sua vita ad un imbuto di due mesi. Lo so, lo so aveva il diritto di farlo, altri hanno approvato il suo lavoro, ci sono stati gli applausi e non ha vinto (già, non si può vincere con il caso Moro da qualsiasi angolazione lo si voglia guardare, perché perfino il potere ha paura delle ingiustizie perpetrate e cancella ogni traccia
Davanti alla pubblicità del film di Ferrara mio figlio che era piccolo e stava guardando i cartoni animati, ha perso la parola per tre giorni. Il film di Martinelli in coda al quale Luca ha suonato è stata un'esperienza forte, un impatto, la stessa prima a Siena non è stata senza sofferenza. Il suo ha rovinato i miei due giorni di vacanza, ed ha funestato l'estate. Certo che vuole che conti. quello che Luca ed io abbiamo provato quando ogni minuto arriva qualcuno a ricordarti questa vicenda, a chiedere la tua opinione - e parlo degli amici - a valutare i manifesti che sono sempre insanguinati anche se il sangue dovesse essere invisibile come l'inchiostro simpatico.
