lup ha scritto:
(possibile che qua dentro non ci sia nessun lavoratore direttamente toccato dalla legge, sicuramente più in grado di me di comprendere se serviva questa legge e se regola quello che doveva regolare in maniera completa?)
Io non sono direttamente toccata dalla legge, però ho lavorato per una piccola casa editrice e lavoro attualmente per un colosso. Mi manca la piccola libreria
A proposito dell'intervento che hai linkato, lup: stimo molto Sandro Ferri e il lavoro di e/o, però sono d'accordo con quello che dice lizzyblack.
Premesso che non tutte le case editrici lavorano allo stesso modo, che siano per la stragrande maggioranza degli sfruttatori dell'altrui lavoro precario, sottopagato o non pagato è cosa nota.
Sandro Ferri ha scritto:Intanto forse sarà più chiaro il peso economico dei costi “fissi” nell’attività editoriale e il fatto che, se venissero tagliati per risparmiare sul prezzo di copertina, la qualità del prodotto libro ne risentirebbe pesantemente. Niente più revisione dei testi (né riletture, né controlli delle traduzioni, né bozze)?
Io questo lo facevo gratis, nella mia piccola casa editrice. Come stagista. La gente che lo faceva con me aveva contratti a progetto con stipendi al limite del ridicolo, se non proprio del tutto ridicoli. La gente lavorava anche il sabato e la domenica e quando stava male, senza mai percepire un centesimo in più. Io mi portavo il pc da casa. Ho praticamente riscritto, insieme a una collega, un libro da cima a fondo. Questo perché la traduttrice era stata scelta perché costava poco, e non sapeva né la lingua da cui traduceva né l'italiano. Comunque di sicuro non sapeva tradurre e non sapeva scrivere.
Sandro Ferri ha scritto:Nessuna attività promozionale (presentazioni, contatti con la stampa e con la rete, ecc)?
Le case editrici che fanno questo sono ormai davvero poche. Dico sempre quelle piccole, visto che è di loro che stiamo parlando.
Sandro Ferri ha scritto:Ma soprattutto: nessun lavoro serio e accurato di selezione dei testi da pubblicare? Nessuno che ne organizza il flusso di arrivo in casa editrice, risponde all’autore o all’agente o all’editore straniero che propone i testi? Nessuno che archivia e classifica questo lavoro?
Io tutto questo l'ho fatto come stagista, percependo per grazia divina un assegno ridicolo una sola volta. Posso assicurare che è un lavoro che richiede un grosso dispendio di energie e molte competenze.
Io porto naturalmente la mia esperienza, poi conosco personalmente degli editori molto bravi e molto seri che lavorano in maniera molto ma molto diversa. Ma il mio caso non è certo unico, e nemmeno raro. Tutt'altro. Si sa da anni del fiorire e dilagare come una peste dei contratti a progetto (e quindi sottopagati) e degli stage (e quindi quasi sempre non pagati) nel mondo dell'editoria. Basta cercare un po' in internet e chiunque può convincersi della verità di qaunto sto dicendo. Basta frequentare blog, fiere del libro, parlare con gli addetti ai lavori.
Quindi,
mi dispiace ma per molte case editrici quella dei costi fissi di redazione è una pantomima.
Detto questo, c'è una cosa che si chiama libera concorrenza, un'altra che si chiama mercato e un'altra ancora che si chiama inventiva.
Frequento le piccole librerie se si sanno distinguere. Se il libraio sa fare il suo mestiere con passione e ci posso imbastire una conversazione, se fa delle presentazioni che mi permettono di scoprire libri che non conoscevo e allo stesso tempo mi invogliano a passare del tempo nella sua libreria, ecc ecc. Altrimenti, se io cerco un libro della piccola casa editrice X e lui non sa di che parlo e magari me lo fa arrivare tra due mesi, scusate ma io vado dalla grande libreria di catena oppure online.
In realtà, quello che la gente non sembra arrivare a comprendere (o fa finta di non voler comprendere, in certi casi) è che le piccole case editrici sono
agevolate dai colossi online, e non il contrario. Io sono una lettrice che si informa, le piccole case editrici mi piacciono molto perché spesso pubblicano delle perle, perciò le tengo d'occhio e mi piace scoprirne delle nuove. Il libro della piccola casa editrice online lo trovo subito, e magari ne trovo anche altri che non conoscevo di altre piccole case editrici.
E' ovvio che un colosso avrà sempre delle armi in più rispetto alla piccola libreria, ma quest'ultima si deve saper reinventare. Che ci piaccia o no, il libro è una merce, e bisogna saperlo vendere. Si dovrebbero specializzare e cercare dei nuovi modi per attirare clienti. Mi dicono che a Parigi c'è una libreria che vende solo ed esclusivamente poesia. Si vede che lo sa fare, altrimenti non arriverebbero a mettere insieme il pranzo con la cena.
Non c'è bisogno di venirmi a spiegare che il libro è un oggetto culturale, come lettrice e bookcorsara lo so benissimo - però anche così resta una merce. Il negozio di abbigliamento, se non sa vendere, chiude. La libreria anche, e mi dispiace per il libraio ma non ci trovo niente di scandaloso.
(PS. Scusate per il lungo e confuso post e scusate se non rispondo a breve, ma sto per partire in ferie)