Evelina e le fate, Simona Baldelli
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Evelina e le fate, Simona Baldelli
La storia della dolce Evelina, che con i suoi 5 anni racconta l'ultimo anno della seconda guerra mondiale, accompagnata da due fate: la Nera e la Scèpa. Non è una favola, anche se a tratti sembra esserlo. La storia è profonda e vera, anche se gli occhi di Evelina trasformano quello che agli occhi di un adulto è tragico e terribile, a volte in qualcosa di magico, altre in qualcosa di incompreso.
L'arrivo degli sfollati, la presenza dei partigiani e Sara, la bambina che esiste inizialmente solo agli occhi di Evelina, ma che al lettore, purtroppo adulto non può sfuggire di essere stata portata lì da qualcun altro.
La mamma malata, i fratellini e le sorelline, il passare delle stagioni; le fughe notturne per andare nella stalla; la stagione dei maiali e quella del grano; la fuga dalle bombe e un tradimento, inutile e doloroso, che porta ad una catena di tragedie; le fate onnipresenti, che con i loro gesti portano in salvo Evelina e la sua famiglia; le piccole gioie quotidiane come le ciliegie, una collana di fieno o un goccio di vino versato dal papà in un momento brutto.
Tutti questi ingredienti sono dosati molto sapientemente dall'autrice, che nella prefazione avverte della presenza del dialetto come elemento importante di tutta la storia e alla quale non si può che dar ragione una volta terminata la lettura.
Ho acquistato questo libro pensando di leggere una fiaba. Ho letto invece una storia toccante, fatta di luci ed ombre, fatta di personaggi da amare e altri da detestare. L'ho letta con calma, anche se poteva andare via in un soffio, e la consiglio a tutti, perchè merita davvero questo tuffo nel passato.
L'arrivo degli sfollati, la presenza dei partigiani e Sara, la bambina che esiste inizialmente solo agli occhi di Evelina, ma che al lettore, purtroppo adulto non può sfuggire di essere stata portata lì da qualcun altro.
La mamma malata, i fratellini e le sorelline, il passare delle stagioni; le fughe notturne per andare nella stalla; la stagione dei maiali e quella del grano; la fuga dalle bombe e un tradimento, inutile e doloroso, che porta ad una catena di tragedie; le fate onnipresenti, che con i loro gesti portano in salvo Evelina e la sua famiglia; le piccole gioie quotidiane come le ciliegie, una collana di fieno o un goccio di vino versato dal papà in un momento brutto.
Tutti questi ingredienti sono dosati molto sapientemente dall'autrice, che nella prefazione avverte della presenza del dialetto come elemento importante di tutta la storia e alla quale non si può che dar ragione una volta terminata la lettura.
Ho acquistato questo libro pensando di leggere una fiaba. Ho letto invece una storia toccante, fatta di luci ed ombre, fatta di personaggi da amare e altri da detestare. L'ho letta con calma, anche se poteva andare via in un soffio, e la consiglio a tutti, perchè merita davvero questo tuffo nel passato.
Ultima modifica di lizzyblack il mar gen 14, 2014 11:45 am, modificato 1 volta in totale.
Liz
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"Sono posseduto da una passione inesauribile che finora non ho potuto né voluto frenare. Non riesco a saziarmi di libri."
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Vero Acquario
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Re: Evelina e le fate, Simona Baldelli
Comprato dopo la tua segnalazione 

Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato (U.Saba)
Piove sui panni stesi / perché niente va mai come dovrebbe...(Kegiz)
Nam concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur.(Sallustio)
...l'erba / lieta, dove non passa l'uomo ((Ungaretti)
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Re: Evelina e le fate, Simona Baldelli


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Re: Evelina e le fate, Simona Baldelli
Grazie per la segnalazione, lo metterò in lista.
- lisolachenonce
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Re: Evelina e le fate, Simona Baldelli
Lo sto leggendo ed è davvero notevole! Se interessa posso farne un ring 
(ho già una richiesta
)

(ho già una richiesta

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Re: Evelina e le fate, Simona Baldelli
L'ho letto in 2 giorni, la storia mi ha coinvolto e ho cominciato a vivere la triste vicenda della guerra attraverso gli occhi innocenti e saggi di Evelina, che ha solo 5 anni ma lavora già nella fattoria come un'adulta.
La magia dei ritmi delle stagioni nella campagna, di cui parla che lizzyblack nella sua recensione, è lo scenario bello e pieno di lavori nei campi che viene sconvolto dai bombardamenti e da altri eventi bellici. Le fate che si integrano con profonda religiosità delle donne in questo mondo contadino, sono presenze buone che sembrano avvisare la famiglia di Evelina quando un pericolo diventa incombente.
Molto molto bello.
Ripeto la mia offerta, se a qualcuno interessa ne faccio un ring.
Edit: ho dimenticato di precisare che è ambientato tra Pesaro e il confine con la Romagna; molti dialoghi sono in dialetto, ma si capiscono benissimo (io sono di un'altra regione e non ho avuto problemi, sarà che dopo tutti i Montalbano che ho letto sono allenaissima
)
La magia dei ritmi delle stagioni nella campagna, di cui parla che lizzyblack nella sua recensione, è lo scenario bello e pieno di lavori nei campi che viene sconvolto dai bombardamenti e da altri eventi bellici. Le fate che si integrano con profonda religiosità delle donne in questo mondo contadino, sono presenze buone che sembrano avvisare la famiglia di Evelina quando un pericolo diventa incombente.
Molto molto bello.
Ripeto la mia offerta, se a qualcuno interessa ne faccio un ring.
Edit: ho dimenticato di precisare che è ambientato tra Pesaro e il confine con la Romagna; molti dialoghi sono in dialetto, ma si capiscono benissimo (io sono di un'altra regione e non ho avuto problemi, sarà che dopo tutti i Montalbano che ho letto sono allenaissima



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Re: Evelina e le fate, Simona Baldelli
Vado a lanciare il ring... chi è interessato mi segua
qui: viewtopic.php?f=23&t=26125&p=545988#p545988

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Re: Evelina e le fate, Simona Baldelli
Mi sono avvicinata a questo libro grazie al bookcrossing, dopo aver letto queste recensioni. E ho fatto bene a fidarmi di quelle recensioni, e ringrazio tanto Barbara per aver messo a disposizione una copia di questo bellissimo romanzo.
L’inizio non è stato all’insegna dell’amore a prima vista: entrare nel dialetto pesarese per me, che sono marchigiana ma del sud, è stato difficilissimo. Leggo senza problemi i romanzi di Camilleri in siciliano, ma mi trovo in difficoltà di fronte a un dialetto proveniente da 100 km da me. Può sembrare strano, ma è così.
La storia stessa all’inizio non mi ha preso, ma sono stata contenta di aver perseverato perché, andando avanti nella lettura, il libro svela tutto il suo valore e la scrittrice tutta la sua bravura.
La protagonista di questo romanzo è Evelina, una bambina di 5 anni che vive nella provincia di Pesaro. È dal suo punto di vista che vediamo gli avvenimenti dell’ultimo anno della seconda guerra mondiale, dalla lotta quotidiana per una vita dignitosa, agli ebrei nascosti da persone di buon cuore, dalla vita quotidiana nei campi, all’arrivo degli alleati, passando per tutto quello che ci può essere nel mezzo. Leggere degli orrori della guerra dal punto di vista di una bambina così piccola dà un sapore tutto diverso alla letteratura dedicata alla seconda guerra mondiale.
In tutto questo il dialetto, usato quasi solo per i dialoghi (che però sono numerosi) si inseirsce perfettamente per rendere la realtà di un affresco di guerra tanto realistico quanto contornato da elementi magici (le fate), grazie appunto agli occhi di Evelina. Mi spingo addirittura a dire che il romanzo non avrebbe avuto la stessa forza senza il dialetto. Resta però che è stato per me difficile da seguire, sebbene ciò non mi abbia impedito di leggere questo libro d’un fiato.
Lo consiglio a tutti, davvero.
L’inizio non è stato all’insegna dell’amore a prima vista: entrare nel dialetto pesarese per me, che sono marchigiana ma del sud, è stato difficilissimo. Leggo senza problemi i romanzi di Camilleri in siciliano, ma mi trovo in difficoltà di fronte a un dialetto proveniente da 100 km da me. Può sembrare strano, ma è così.
La storia stessa all’inizio non mi ha preso, ma sono stata contenta di aver perseverato perché, andando avanti nella lettura, il libro svela tutto il suo valore e la scrittrice tutta la sua bravura.
La protagonista di questo romanzo è Evelina, una bambina di 5 anni che vive nella provincia di Pesaro. È dal suo punto di vista che vediamo gli avvenimenti dell’ultimo anno della seconda guerra mondiale, dalla lotta quotidiana per una vita dignitosa, agli ebrei nascosti da persone di buon cuore, dalla vita quotidiana nei campi, all’arrivo degli alleati, passando per tutto quello che ci può essere nel mezzo. Leggere degli orrori della guerra dal punto di vista di una bambina così piccola dà un sapore tutto diverso alla letteratura dedicata alla seconda guerra mondiale.
In tutto questo il dialetto, usato quasi solo per i dialoghi (che però sono numerosi) si inseirsce perfettamente per rendere la realtà di un affresco di guerra tanto realistico quanto contornato da elementi magici (le fate), grazie appunto agli occhi di Evelina. Mi spingo addirittura a dire che il romanzo non avrebbe avuto la stessa forza senza il dialetto. Resta però che è stato per me difficile da seguire, sebbene ciò non mi abbia impedito di leggere questo libro d’un fiato.
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Re: Evelina e le fate, Simona Baldelli
La mia opinione è un po' più "tiepidina"............riporto qua la J.E. che ho scritto come partecipante al ring lanciato da lisolachenoncè:
Trasfigurate attraverso gli occhi di una bambina, anche le storie di crudeltà, miseria, generosità, delazioni e paura che la guerra porta sempre con sé appaiono pur sempre aspre ma un po’ più ovattate, e la presenza di fate, il ricorso a spiegazioni fantasiose che la piccola protagonista crea o accetta, lungi dal minare la credibilità di quanto narrato, la esaltano se interpretate come futili ma apparentemente uniche vie di fuga rispetto a un presente inaccettabile.
Mi è piaciuto dunque il “taglio” dato al racconto, ma non molto il linguaggio usato: il dialetto marchigiano mi è apparso piuttosto ostico (molto più del siciliano di Camilleri, ripensandolo nel momento in cui l’ho letto per la prima volta), e spesso, invece di dare un colorito più spontaneo ai dialoghi, mi è sembrato che facesse da zavorra al procedere della storia, che rallentasse oltre misura il ritmo scandito dall’alternarsi di piccoli quadretti familiari e rurali (quasi come se non ci fosse la guerra) e di episodi in cui a dominare sono le brutture che le vicende belliche portano sempre con sé.
E riconosco che probabilmente, parte della mia opinione negativa sul linguaggio usato deriva direttamente dalla nota iniziale: a che scopo dichiarare che il dialetto riprodotto non è reale ma solo frutto di una ricostruzione volta a creare un (mi si passi il termine) esperanto marchigiano-romagnolo, e contrapporre tale dichiarata irrealtà alla realtà dei personaggi e dei fatti narrati (aggiungendo la precisazione “fate incluse”) ? A mio avviso, questa nota ha ottenuto l’effetto contrario a quello che si prefiggeva e ha inficiato, e non poco, il tocco di magia, di fiaba, di ingenuità infantile su cui il romanzo avrebbe potuto contare per distinguersi un po’ (se in meglio o in peggio dipende dai gusti) nell’ingente mole di romanzi che vertono sugli stessi temi.
Trasfigurate attraverso gli occhi di una bambina, anche le storie di crudeltà, miseria, generosità, delazioni e paura che la guerra porta sempre con sé appaiono pur sempre aspre ma un po’ più ovattate, e la presenza di fate, il ricorso a spiegazioni fantasiose che la piccola protagonista crea o accetta, lungi dal minare la credibilità di quanto narrato, la esaltano se interpretate come futili ma apparentemente uniche vie di fuga rispetto a un presente inaccettabile.
Mi è piaciuto dunque il “taglio” dato al racconto, ma non molto il linguaggio usato: il dialetto marchigiano mi è apparso piuttosto ostico (molto più del siciliano di Camilleri, ripensandolo nel momento in cui l’ho letto per la prima volta), e spesso, invece di dare un colorito più spontaneo ai dialoghi, mi è sembrato che facesse da zavorra al procedere della storia, che rallentasse oltre misura il ritmo scandito dall’alternarsi di piccoli quadretti familiari e rurali (quasi come se non ci fosse la guerra) e di episodi in cui a dominare sono le brutture che le vicende belliche portano sempre con sé.
E riconosco che probabilmente, parte della mia opinione negativa sul linguaggio usato deriva direttamente dalla nota iniziale: a che scopo dichiarare che il dialetto riprodotto non è reale ma solo frutto di una ricostruzione volta a creare un (mi si passi il termine) esperanto marchigiano-romagnolo, e contrapporre tale dichiarata irrealtà alla realtà dei personaggi e dei fatti narrati (aggiungendo la precisazione “fate incluse”) ? A mio avviso, questa nota ha ottenuto l’effetto contrario a quello che si prefiggeva e ha inficiato, e non poco, il tocco di magia, di fiaba, di ingenuità infantile su cui il romanzo avrebbe potuto contare per distinguersi un po’ (se in meglio o in peggio dipende dai gusti) nell’ingente mole di romanzi che vertono sugli stessi temi.
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