Se volete parlare seriamente di qualcosa che non è presente in nessuna delle altre aree e/o volete dare un annuncio generale a tutti per una cosa importante, questa è l'area appropriata.
Non ho una citazione, solo una notizia:
Giornata della Memoria: per ricordare il rogo dei libri del '33, gli studenti
torinesi appendono a una mongolfiera i loro bigliettini.
Molto sintetica, ma mi sembrava molto in linea con questa memoria che stiamo tentando di tenere viva qui.
una citazione di uno dei miei libri preferiti, che ahimè, mi sa che non si trova più in circolazione, Mila 18 di Leon Uris.
"Che dire della rivolta di Varsavia? Come precisare i risultati una simile lotta? Le perdite degli ebrei si calcolano a decine di migliaia di persone, quelle dei tedeschi solo a centinaia.
Scorro i libri di storia e mi sforzo di trovare un parallelo. Nè ad Aalamo nè alle Termopili si ritrovarono di fronte due schieramentei più ineguali di questi. Io credo che decine e centinaia di anni passeranno, ma nulla, nulla impedirà che dalle ceneri del ghetto, nascano leggende a dimostrare che la lotta degli ebrei segnò un momento epico nella lotta per la libertà e la dignità umana.
E che dire degli assassini? Non vi è dubbio che i loro simili moriranno di vecchiaia nel loro letto ; infatti il mondo è un mondo che perdona, ed essi dichiareranno solamente di aver eseguito degli ordini. E il mondo dirà : dimentichiamo il passato! quello che è stato è stato.
Io Christopher de Monti giuro sull'anima eterna del mio defunto amico Andrei Androvsky che non permetterò al mondo di dimenticare.Ritornerò in Polonia, recupererò i diari di Brandel, e me ne servirò come di un marchio da imprimere a fuoco per sempre sulla coscienza degli uomini."
tra i libri che consiglio :
Con gli occhi di bambina di Liliana Treves Alcalay
Un sacchetto di biglie di Joffo
Il viaggio di Ida Fink
in generale tutto Primo Levi e in particolare Se non ora quando
Destinatario sconosciuto di Kressmann Taylor
L'odore del fumo : Aushwotz e la pedagogia della resistenza di Mantegazza (mio professore)
L'ultimo dei giusti di Shwartz-Bart
Quando Hitler rubò il coniglio rosa (ma non ricordo di chi)
vorrei anche lasciarvi con una canzone...
Un sorso in più (Carmen Consoli)
ricordo il freddo massacrante i timidi lamenti della mia gente
ammassati stipati dentro un treno merci
due giorni e due notti senza dormire
e ben presto avremmo smesso di parlare
ben presto
ricordo il freddo massacrante il giorno che
perdemmo per sempre i nostri figli
affamati assetati privati dei nostri vestiti
ed era come ingoiare vetro
e ben presto avremmo smesso di parlare
ben presto avremmo smesso di capire
ed ho imparato a bere sempre un sorso in più
ed ho imparato a bere sempre un sorso in più
di quanto ne avessi realmente bisogno
di quanto ne avessi realmente bisogno
un giorno potrei avere sete
ricordo il freddo massacrante il timore di affondare
in un letto di carboni ardenti
quale logica o legge di vita potrà mai spiegare
la diabolica impresa di quegli uomini eletti...
e ben presto avremmo smesso di parlare
ben presto avremmo smesso di capire
ed ho imparato a bere sempre un sorso in più
ed ho imparato a bere sempre un sorso in più
di quanto ne avessi realmente bisogno
di quanto ne avessi realmente bisogno
un giorno potrei avere sete
Micol
Se leggero ti farai io sarò vento per darti il mio sostegno senza fingere e se distanza ti farai io sarò asfalto impronta sui tuoi passi senza stringere mai (Subsonica)
E sapeva che nessuna terra avrebbe nascosto in lei l'orma del mare (Baricco)
Vi posto un interessante articolo di Gian Enrico Rusconi a proposito di genocidi
IN OCCHI AMBIGUI
di Gian Enrico Rusconi
La memoria della Shoah nel suo significato intimo, pregnante,
esclusivo appartiene soltanto agli ebrei. Per gli altri il «Giorno
della memoria» ha un significato diverso: quello di una consapevolezza
postuma, per così dire, e ricostruita. È la ricostruzione critica e
autocritica delle radici remote e delle cause scatenanti dello
sterminio degli ebrei in Europa. Sollecita un preciso senso di
corresponsabilità morale verso quanto è accaduto. Diventa un
imperativo etico.
Visto in questa prospettiva, il concetto di «memoria» evocato
generosamente ma genericamente in questi giorni, si arricchisce, si
dilata, si sovraccarica di significati e di aspettative. È
innanzitutto la memoria diretta dei sopravvissuti, di chi ha vissuto
in qualche modo l'esperienza della persecuzione; è la memoria dei
«figli e figlie della Shoah». Ad essa si affianca il ricordo di chi
non appartiene al popolo degli ebrei, di chi non c'era, ma è parte e
figlio del popolo o della nazione da cui sono usciti gli assassini; o
delle nazioni e dei gruppi sociali che non sapevano, che non volevano
sapere o semplicemente erano tutti presi dai loro drammatici problemi
e conflitti interni mentre si consumava la Shoah.
Se questo è «ricordo», lo è in senso metaforico: è un riconoscimento
critico retroattivo che deve fare i conti con il problema dell'
antisemitismo storico, in particolare quello di matrice religiosa, con
la questione del «revisionismo» e infine con gli atteggiamenti da
tenere verso l'etnocentrismo e la xenofobia che sono sempre latenti,
se non apertamente presenti nella nostra società. Affrontiamo
brevemente questo nodo di problemi. Nello scorso anno giubilare la
Chiesa e il Papa personalmente hanno compiuto gesti altamente
simbolici e densi di significato per chiedere perdono dell'
antigiudaismo storico, coltivato in ambito religioso.
Si è trattato di una rottura decisiva rispetto al passato, anche se
sarebbe stato augurabile che nel documento ufficiale Memoria e
riconciliazione ci fosse un cenno autocritico preciso e fermo contro
la connivenza di alcuni «figli della Chiesa» con i regimi totalitari
di destra che sono stati gli strumenti politici diretti dello
sterminio degli ebrei in Europa. Ma attorno a questa tematica aleggia
anche la figura imponente e ingombrante di Pio XII. Poi c'è la
questione del «revisionismo storico». Opportunamente oggi lo si
distingue dal «negazionismo», secondo cui la Shoah sarebbe una messa
in scena o quanto meno un'esagerazione montata dagli ebrei e dai
nemici della Germania.
Questa tesi insostenibile (e in alcuni paesi europei passibile di
condanna per legge) è sostenuta di fatto da pochissimi screditati
autori che vivono soprattutto dello scandalo che mirano a provocare.
Discorso diverso vale per il «revisionismo» che non mira alla
negazione dei fatti ma alla loro spiegazione o giustificazione magari
con la ricerca di attenuanti attraverso le analogie con altri crimini.
Oppure contesta il carattere intenzionale, sistematico e programmato
del genocidio insistendo su altri fattori di casualità e contingenza
legati ai fatti bellici. Non intendo qui ripercorrere il dibattito,
che dura ormai da decenni, che culmina nei concetti di «unicità» e/o
«comparabilità» della Shoah rispetto ad altro genocidi.
È un fatto che oggi spesso nel consueto, quasi rituale accostamento
tra «lager e gulag» la sacrosanta condanna di tutti gli eccidi di
massa del XX secolo sembra preoccupata più della par condicio politica
che non di mettere in evidenza criteri di giudizio che valgono per la
Shoah in modo esclusivo. È qui che si pone il problema specifico della
ricostruzione del ricordo degli europei, che può presentare aspetti
differenziati (i tedeschi evidentemente devono attivare processi
autocritici di qualità diversa da altri popoli).
Un punto tuttavia rimane fermo: la Shoah nella catena di eventi che la
precedono e l'accompagnano è un caso paradigmatico, esemplare in senso
negativo, di un'Europa incredibilmente indifferente di fronte alle
conseguenze dell'antisemitismo e antigiudaismo coltivato nelle sue
culture, di fronte alle leggi razziali che sono state rumorosamente
promulgate sul Continente senza che si registrassero significative
forme di protesta e di contestazione, di fronte all'esecuzione del
genocidio sulle cui dimensioni ed efferatezza governi e istituzioni
internazionali avevano chiari indizi.
Per noi, per le generazioni che sono venute dopo, non resta che l'
orrore postumo per Auschwitz diventato ricordo - nel senso illustrato
sopra di ricostruzione autocritica - che ci rende sensibili (forse
ipersensibili) a tutte le manifestazioni xenofobe o etnocentriche che
percorrono l'Europa contemporanea.
ci ho messo un giorno ma finalmente ho trovato questa poesia di Salvatore Quasimodo di cui a memoria mi mancava un verso.
Alle fronde dei salici
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese;
oscillavano lievi al triste vento.
(Salvatore Quasimodo)
Ho potuto così incontrare persone e diventarne amico e questo è molto della mia fortuna (deLuca)
Amo le persone. E' la gente che non sopporto (Schulz)
Ogni volta che la gente è d'accordo con me provo la sensazione di avere torto (Wilde)
I dream popcorn (M/a) VERA DONNA (ABSL)
Petulante tecnofila (EM)
NON SPEDITEMI NULLA SENZA AVVISARE!
Meglio mail che mp. Grazie.
l'articolo postato da Invi (grazie) ha scritto:sarebbe stato augurabile che nel documento ufficiale Memoria e
riconciliazione ci fosse un cenno autocritico preciso e fermo contro
la connivenza di alcuni «figli della Chiesa» con i regimi totalitari
di destra che sono stati gli strumenti politici diretti dello
sterminio degli ebrei in Europa
Non solo con quelli.....vogliamo pensare per esempio all'Argentina? Lì non c'entrava la razza, non c'entrava la religione
Un libro dovrebbe essere una sfera di luce nelle mani di chiunque (Ezra Pound)