Vedo che il presidente iraniano, in questi giorni, si è dato da fare per smentirmi.C) La prossima invasione sarà l’Iran? Può essere. Ma che fare di fronte ad una guerra religiosa, dove Paesi che hanno completato il programma nucleare hanno eletto un terrorista a capo del governo?
Spero che chi potrà, se si considera coerente ed obiettivo (Bertinottiani a parte, a quanto pare), partecipi alla manifestazione trasversale contro le dichiarazioni di cancellazione dello stato di Israele.
Fiaccole, simboli di unità
Comunque la si pensi, benvenuti davanti all’ambasciata iraniana
Le fiaccole sono uno strumento di presenza simbolica, non un manifesto di politica estera o l’espressione di una visione del mondo contemporaneo. Sono fiaccole, non chiacchiere partigiane, quelle che si vedranno giovedì, alle ore 21, all’angolo tra via Nomentana e via Santa Costanza, a Roma. Ciascuno dei partecipanti, individui e gruppi, porterà legittimamente le sue idee, e una idea aggiuntiva: che Israele ha diritto di esistere, e che non è uno scherzo da accogliere con indulgenza o indifferenza la minaccia di eliminarlo dalla faccia della terra. Viviamo infatti in un mondo tremendo. Il terrorismo e le lotte interetniche a sfondo religioso fanno vittime ogni giorno. Tre teste cristiane sono appena cadute nel silenzio dell’opinione pubblica internazionale, decollate dai barbari, in Indonesia. La faccenda riguarda tutti: le vittime della violenza inaudita di questi anni caratterizzati dalla furia intollerante sono di ogni confessione religiosa, in maggioranza islamici, e gli ebrei, gli americani, i cristiani crociati dell’occidente sono l’obiettivo sensibile, permanente, dell’islamismo politico e dell’estremismo teocratico. In questo quadro sarebbe ridicolo anche solo pensare che la testimonianza a favore del diritto di Israele ad esistere possa essere connotata da strumentalità o spirito di divisione e di vantaggio politico particolare.
Che in una grande capitale dell’Europa politica, di fronte all’ambasciata della Repubblica Islamica d’Iran, con il rispetto e la devozione che si devono a quel popolo e alla sua passione per la libertà conculcata da un regime di fanatismo confessionale, si manifesti contro la violenza anti-israeliana, ha un chiaro e semplice significato. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad non è un pazzo isolato, e non solo perché è il presidente eletto di un paese il cui regime politico-teocratico dal ‘79 si è reso campione di imprese contrarie alla legalità internazionale e alla pace. Purtroppo anche Khatami, il suo predecessore riformista nella cui parabola sfortunata in tanti abbiamo creduto, la pensa come lui. Essere antisionisti sul piano storico è una posizione legittima, ma non lo è minacciare la cancellazione con la violenza dello stato d’Israele e predicare l’odio antiebraico, non lo è minacciare le fiamme dell’islam per chi riconosca l’esistenza di quella nazione che nacque con il crisma delle Nazioni Unite ed è una realtà incrollabile dell’età contemporanea, una democrazia da difendere con le unghie e con i denti.