La corrispondenza “virtuale” se da un lato può apparire meno “poetica” presenta però un grande vantaggio rispetto a quella “cartacea”: l’immediatezza. Ed è proprio sull’immediatezza che questo romanzo costruisce il suo punto di forza, l’intensità del ritmo che appassiona proprio perché così come Emmi e Leo giungono ad una sorta di dipendenza dalle rispettive e-mail, allo stesso modo il lettore “rincorre” il susseguirsi dei loro messaggi, sempre nuovi e sorprendenti, in una climax sapientemente costruita e per niente artificiosa.
E’ una buona occasione anche per interrogarsi su quanto, nel processo che porta a conoscere una persona, siano determinanti le percezioni visive (ma anche uditive, olfattive e tattili), a volte forse fino al punto di influenzare l’opinione che sarebbe possibile farsi, invece, considerando solo l’aspetto espressivo e comunicativo.
In effetti, Emmi e Leo intraprendono un percorso di conoscenza che prescinde dal punto di partenza più usuale: il vedersi. E coltivano il loro rapporto affidandosi solo alle parole, alle confidenze, all’ironia, rinviando a lungo il loro incontro (particolarmente azzeccata, a questo riguardo, ho trovato la loro scelta di continuare a darsi del lei fino all’ultimo, cioè fino al momento di organizzare il loro incontro e anche se avevano già da tempo raggiunto una certa “intimità” emozionale e confidenziale: come se volessero riservare il “tu” al momento in cui la loro conoscenza si fosse concretizzata, e non “turbare” con uno sviluppo, anche se impercettibile, la forte sintonia creatasi tra loro fino a quel punto). In una sorta di “esperimento” che coinvolge quindi il lettore proprio perché lo invita a fare altrettanto nei confronti delle persone che conosce, astraendo dai dati percettivi quando ce ne siano e avvalorando l’importanza della componente comunicativa quando si tratti di legami appunto tra persone che non si sono mai incontrate.
Io ero già convinta del fatto che a volte possa risultare più facile aprirsi e confidarsi con persone estranee al nostro consueto giro di conoscenze, se si percepisce di avere molto in comune con questi “amici di tastiera” (mica li possiamo chiamare “amici di penna”, no ?!), per gli scettici Emmi e Leo sono una prova, anche se nella fiction di un romanzo, che ciò è possibile.
Certo, la comunicazione scritta (virtuale o cartacea non importa: sotto questo aspetto non sono diverse) può prestarsi a fraintendimenti più di quanto non possa accadere in una conversazione orale o, meglio ancora, “faccia a faccia”, dato che non può avvalersi del contributo che alla comprensione reciproca viene dall’espressione del viso e del corpo o almeno dall’intonazione della voce, e solo in parte il particolare uso della punteggiatura e gli smileys possono compensare questo punto di svantaggio……..ma prescindere dai sensi presenta comunque il vantaggio di non lasciarsi influenzare dalle sensazioni e concentrarsi sull’affinità emotiva, sulle concezioni che ispirano il modo di intendere la vita e di agire, sul senso dell’umorismo, sui gusti intellettuali: in un parola (quando ci vuole ci vuole anche l’inglesismo !) sul feeling delle anime, e non dei corpi.
Tutte queste considerazioni, già presenti nella mia testa nel corso della lettura, ma più forti ora, a lettura conclusa, hanno fatto sì che questo romanzo mi abbia davvero colpita nel suo complesso, fino al punto, non lo nascondo, della commozione vera e propria in alcuni momenti tra i quali quello per me più struggente e sentito è rappresentato dal messaggio scritto a Leo da Bernhard, all’insaputa della moglie Emmi, e dalla decisione presa di conseguenza da Leo. Un amore che si sublima prima nel rinviare l’ approccio personale, poi nel sacrificio e nella rinuncia, infine nell’emozione di organizzare l’incontro in modo da renderlo il più possibile “soft”, per non incrinare o rovinare l’intensità del legame fino a quel punto raggiunto (e sorvolo sul finale sia per non rovinare la lettura a chi ancora non conosce il libro sia per non commuovermi di nuovo !)……….bellissimo !
