Vi è, tra noi e il mondo, un'invisibile zona di scambio in cui le due realtà si confondono, la seconda facendosi specchio dell'intimo, immagine distillata dal filtro delle emozioni e degli stati d'animo, rimaneggiata dalle passioni e dai tormenti del cuore e all'esterno riconsegnata come amalgama inscindibile di quella fusione.
È la terra - incantevole e maledetta - dove nasce la poesia, veicolo raro e prezioso che di ogni linguaggio sa fare strumento. Quando morì Charlie Chaplin, commentò un giornale: È morto un poeta che ha illuminato il mondo. E quella luce non è forse la stessa di altre sensibilità non comuni che hanno saputo parlare attraverso il silenzio?
Tra queste, Frida Kahlo, la grande pittrice messicana (1907 - 1954) alla quale il Museo della Permanente di Milano dedica in questi mesi - dal 9 ottobre all'8 febbraio - una mostra che può dirsi evento.
"Parlami dell'artista" domanda ciascuno di noi, curioso profano, a quanti lo invitino ad esplorare il tempio di un dio ignoto. Dimenticandosi di sorridere di sé stesso. Perché artista non è chi possegga un lessico, pur raffinato, riconducibile a sommarie parafrasi ma chi, attingendo ad un lessico innato, abbia saputo affinarlo attraverso la scuola della vita.
E la vita fu, per Frida, la più severa tra le scuole. Fu dramma. Contratta la polio in tenera età, aveva appena diciotto anni quando, nel 1925, un incidente le devastò il corpo. L'autobus sul quale viaggiava venne urtato da un tram e nella violenta collisione, la giovane subì gravi lesioni al ventre, ai reni, alle gambe ed alla stessa colonna vertebrale.
Iniziava il suo calvario, scandito, da quel momento e sino a quando, nel 1954, cessarono per sempre le sue sofferenze, da trentadue interventi chirurgici. L'alternarsi di una vita "normale" - condizionata dai busti opprimenti che le era necessario indossare per potersi sorreggere - a lunghi periodi di immobilità. Tra il 1950 e il 1951 furono ben sette le operazioni subite. Non poteva restare in piedi che pochi minuti ma di quelle brevi tregue tenacemente approfittava. "Non sono ammalata - motteggiava - sono spezzata. E finché riesco a dipingere - aggiungeva - sono felice di essere viva".
Dramma, si è detto tuttavia, non improvvisa tragedia, perché non sono solo le ferite del corpo, per quanto crudeli, le artefici delle lacerazioni dell'animo. Lo è la vita stessa, con le sue delusioni e le sue contraddizioni, con le passioni che instilla e i tormenti che infligge, con il conflitto energico e insanabile che impone tra l'identità che interiormente possediamo e quella che essa ci attribuisce.
E sotto ciascuno di questi punti di vista l'avventura di Frida fu ricca: la vicenda amorosa con Diego Rivera - scossa tra passione, tradimenti, abbandoni e riconciliazioni - la militanza comunista - proprio la coppia ospitò Trotsky durante il suo soggiorno in Messico - che la condusse a prender parte attivamente alle vicende rivoluzionarie del suo Paese, l'acceso amore per le tradizioni del Messico - tanto radicato da rivendicare di esser nata nel 1910, non per civetteria ma perché fu quello l'anno della rivoluzione - le radici indigene, tanto fieramente custodite da portarla a vestire alla maniera delle indie tehuane, del cui simbolismo traboccano i suoi dipinti.
E, ancora, i soggiorni negli esecrati Stati Uniti, dei quali è debitore il simbolismo di quadri come "Vetrina in una via di Detroit" e che furono teatro di alcuni importanti episodi della sua travagliata vicenda umana: "Ospedale Henry Ford" ripropone il dramma del suo ennesimo aborto.
È dunque nel tormento che nasce Frida. La Frida passionale e selvaggia, dolce e violenta, realista e visionaria, mescolanza - per dirla con il poeta Octavio Paz - "di fantasia, maniera precisa e preziosa, humour crudele, ferite e fiori". La Frida che il mondo intero saluterà come mito vivente. Non casualmente, fu proprio durante la sua prima convalescenza che iniziò - complice uno specchio appeso sul suo capo - a dipingere i suoi autoritratti.
Superfluo sarebbe, dunque, chiedere a chiunque di "parlare di lei". Al suo paradigma ci si può accostare solo immergendosi nella testimonianza viva. Lo si può condividere solo ponendo la propria sensibilità accanto alla sua.
Del resto, a quale etichetta si può ricondurre un artista?
Ormai celebre e apprezzata ai più alti livelli - la prefazione al catalogo della sua prima personale ospitata nel 1939 alla Julien Levy Gallery di New York è opera di Andrè Breton, il padre del Surrealismo - Frida fu stimata da maestri come Duchamp, Picasso, Kandiskij ma, gelosa delle proprie origini e della propria originalità, fedele a sé stessa, rifiutò sempre la definizione di artista surrealista, per quanto all'esposizione internazionale organizzata nel 1940 a Città del Messico prendesse parte.
"Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni".
In questa asserzione è racchiusa l'essenza della sua opera, che è "diario" della sua vita quanto il suo diario vero e proprio - conservato a Casa Azul, la dimora in cui visse - ma, non di meno, lo è del mondo perché Frida - come osservano i curatori della rassegna - dipingeva sia la propria realtà sia fatti concreti, di cronaca, riproposti in modo assolutamente originale ma, al contempo, profondamente radicati in una tradizione e in una simbologia tutte messicane.
La "mia realtà"… L'intreccio ormai indistinguibile tra il sé e il mondo.
E che un tale diario sia dominato dal tema del dolore - disciplina preziosa di quella scuola che è, appunto, la vita - che la riflessione su questo dolore - talvolta annichilente, talvolta trasfigurato in inno all'esistenza - si faccia riflesso sulla tela, generando "pagine" emozionanti come "Pensando alla morte", "La colonna spezzata" o "Viva la vida", sua ultima opera, non deve stupire perché è proprio il dolore - con il suo sapore amaro, stordente eppur maturo - l'alimento di cui spesso si nutre la capacità di tradurre il sé e l'esperienza sensibile in opera d'arte.
Il pedaggio da pagare per accedere a quella linea di confine in cui intimità e cosmo si incontrano.
Efisio Loi
SCHEDA
Promossa da Arthemisia in collaborazione con il Centro Italiano per le Arti e la Cultura e curata da Achille Bonito Oliva e Vincenzo Sanfo, la mostra - la più importante al mondo, per numero di opere, dedicata alla grande artista messicana - si avvale del prestito, concesso per la prima volta, dell'intera collezione del Museo Dolores Olmedo Patiño, ricca di opere che rappresentano in modo egregio le proiezioni del mondo simbolico di Frida Kahlo, dal "Ritratto di Alicia Galant" del 1927, la prima su cavalletto, a "La colonna spezzata", "Alcune piccole punzecchiature", "Ospedale Henry Ford", sino al "Piccolo Dimas Rosas defunto a tre anni". A tali opere si aggiungono quelle provenienti da importanti prestiti internazionali.
Frida Kahlo
9 ottobre 2003 - 8 febbraio 2004
Museo della Permanente, Via Filippo Turati 34, Milano
A cura di Achille Bonito Oliva e Vincenzo Sanfo.
Orari di Ingresso.
Lunedì: dalle 13.00 alle 20.00.
Martedì e giovedì: dalle 10.00 alle 23.00.
Mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 10.00 alle 20.00.
La biglietteria chiude 45 minuti prima della chiusura della mostra.
Biglietti
Intero Euro 9,00
Ridotto Euro 7,50
Ridotto Gruppi Euro 7,50 (Prenotazione obbligatoria euro 1,00)
Ridotto gruppi scolastici Euro 4,00 (Prenotazione obbligatoria euro 1,00)
Infoline e Prenotazioni 02.54915
Mostra prodotta e organizzata da ARTHEMISIA S.r.l.
Corso di Porta Nuova 16 - 20121 Milano
Tel. 02.6596888 Fax 02.6598300
In collaborazione con il Centro Italiano per le Arti e la Cultura.
Con il patrocinio di:
Regione Lombardia
Provincia di Milano
Comune di Milano
Consolato Generale del Messico a Milano
Ambasciata Messicana a Roma
Ambasciata Italiana a Città del Messico
Per saperne di più:
www.ticket.it/frida
Frida Kahlo nacque il 6 luglio 1907, un sobborgo di Città del Messico (lei dichiarava però di essere nata nel 1910, l'anno della rivoluzione messicana) e morì il 13 luglio 1954 a Coyoacán. Il suo vero nome era Magdalena Carmen Frida Kahlo Calderón. Studiò nella Scuola Tedesca e nella Scuola Nazionale Preparatoria di Città del Messico. Contrasse il polio all'età di sette anni lasciandola un tantino zoppa, ragione per cui diventò un tanto eccentrica giocando giochi da e con ragazzi principalmente. Cosi inventò un amico immaginario che era capace di ballare piuttosto che zoppicare come Frida spesso faceva.
Nel 1925 ebbe un tragico incidente che cambiò per sempre il corso della sua vita, l'autobus di legno nel quale viaggiava venne schiacciato da un tram urbano e il corrimano la trapassograve; "come la spada il toro". Un pezzo di ferro del corrimano le era entrato nel ventre attraverso un fiano. All'ospedale le riscontrarono, oltre l'orribile ferita al bacino, la rottura della colonna vertebrale in più punti, lesioni ai reni, fratture alle gambe, il piede destro orribilmente maciullato. Da quel momento la sua vita fu un susseguirsi di operazioni alternato a lunghi periodi di immobilità. Per sorreggersi fu costretta a portare busti opprimeti. Anche se il corpo di Frida guarì soffrì più tardi molte malattie, disagi, dolori e delusioni durante la sua vita, impedendole ad esempio avere dei bambini anche se rimasse incinta in molte occasioni. Durante la sua lunga convalescenza iniziò a dipingere copiando il suo viso da un specchio montato sulla testa del suo letto.
Si dice che Frida si dipinse come una forma di catarsi cioè, tentando di rilasciare tutto il dolore associato con le sue malattie e la sua tragedia interna. La sua pittura, prima fu realistica - ritratti di amici e familiari, fiori -; dopo, a causa dell'intensità dei suoi sentimenti e di un corpo distrutto, dipinse sempre di più la sua propria immagine combinata con espressioni oniriche a volte brutali. Parte della sua opera si è perfino associata a tendenze surreali.
Fiera del suo ascendente indigena (sua madre era figlia di spagnolo ed indigena) durante suo soggiorno negli Stati Uniti provò antipatia per l'industrializzazione e sviluppo tecnologico degli Stati Uniti, che prima o poi poteva far perdere l'identità del Messico, una volta cadesse sotto la loro influenza. Frida rimase politicamente attiva durante tutta la sua vita e divenne membro del partito comunista messicano dal 1928. Nel 1929 sposò il famoso pittore Diego Rivera dal quale divorziò nel 1940 per tornare a risposarlo un anno dopo.
La loro vita matrimoniale diventò presto un mito. Tutte le celebrità di passagio per Città del Messico si fermavano a far visita all'illustre coppia e nonostante la loro fama di rivoluzionari perfino ci furono ospiti Henry Ford y Nelson Rockefeller; nonostante la loro fama di rivoluzionari i Rivera erano molto ben considerati negli Stati Uniti dove Diego Rivera eseguì importanti opere murali.
Fu maestra di pittura alla Scuola di Arte Plastiche e membro del seminario di Cultura Messicana. Nel 1938 montò la sua prima esposizione individuale alla Julien Levy Gallery di New York. Lavori di lei ci furono alla Esposizione "Mexique" di 1939, la Galleria Renou et la Colle di Parigi nonché in diverse mostre collettive durante la sua vita in Messico.
Partecipò all'Esposizione Internazionale del Surrealismo organizzata nel 1940 alla Galleria di Arte Moderna nella capitale del Messico. Istituzioni dell'importanza del Museo di Arte Moderna di New York e Georges Pompidou di Parigi alloggiano opere di Frida Kahlo.
Le condizioni di salute di Frida continuarono a peggiorare. Tra il 1950 y el 1951 subì ben sette operazioni alla colonna vertebrale. Non riusciva a stare in piedi per più di dieci minuti ma approfittava di quelle brevi pause per dipingere. "Non sono malata - diceva - sono spezzata. Ma finchè riesco a dipingere sono felice di essere viva" Per la sofferenza e insieme la volontà di vittoria sul male che lasciano traspirare, i suoi quadri si possono affiancare alle opred i Gauguin o Van Gogh.
Nel suo ultimo quadro dipinse una natura morta di coccomeri, i più popolari frutti messicani, e lo intitolò "Viva la vida". Mori pochi giorno dopo, il 13 luglio 1953. Aveva compiuto 44 anni da una settimana. "Embolia" dissero i medici. Ma non furono in molti a crederci. Non è improbabile che si sia suicidata con una forte dose di barbiturici. Le ultime parole del suo diario dicono: "Spero sia una partenza allegra e spero di non tornare più"
Una vita segnata dal dolore e dall'arte, dalla malattia e dalla sofferenza, dall'amore e dalla passione politica. Frida Kahlo è un personaggio da leggenda. La sua figura ha ispirato studi, biografie, balletti, opere teatrali, mostre fotografiche, film. I suoi quadri valgono miliardi. Trasformò il dolore in arte. Cominciò a dipingere per caso e per disperazione il gravissimo incidente che devastò il suo fisico. "La pittura ha riempito la mia esistenza - ha scritto. - Ho perduto tre figli e una serie di cose che avrebbe potuto riempire la mia orribile vita. Tutto questo è stato sostituito dalla pittura".
Alcune parti di quest'ultimo articolo provengono da un articolo di DANIELA ZAMBURLIN pubblicato da GOLD ITALIA MAGAZINE.
By Zamo

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