Concorso letterario - racconti fuori concorso

Se volete parlare seriamente di qualcosa che non è presente in nessuna delle altre aree e/o volete dare un annuncio generale a tutti per una cosa importante, questa è l'area appropriata.

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-gioRgio-
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Concorso letterario - racconti fuori concorso

Messaggio da -gioRgio- »

In attesa di raccogliere le fatiche di tutti i concorrenti del concorso letterario lanciato in questo thread, per ingannare l'attesa metto qui una cosa fuori concorso (facendo io parte della Somma e Augusta Commissione dei Lettori). Mi auguro che non rimanga figlia unica...

________

Risacca

Arriva a lambirmi le dita, e io scatto correndo all’indietro. Cioè, scatto, mi sposto rapidamente quanto la mia figura sgraziata mi consente. L’acqua mi sfiora le dita, però, e anche questa volta mi ritraggo in tempo. Inverno di nuovo su questa spiaggia di sabbia umida e fredda, qualche cane si impossessa dell’arenile in tutta la sua ampiezza non intasata da cabineombrelloni e gentechebrulica – sono queste le loro vere vacanze –, il sole un po’ basso anche ora che e’ mezzogiorno regala una luce morbida sconosciuta agli utenti estivi.
Inverno di nuovo, cosi’ come l’altro in cui la stessa battigia si intratteneva con me, intenta nello stesso nostro gioco preferito salvo riposarsi di tanto in tanto, giusto il tempo di far rimbalzare qualche sasso sulla superficie dell’acqua direzione orizzonte. Il cane che mi si avvicina – ho un po’ paura, mi blocco intimorito mal conoscendo la psicologia ed il linguaggio canino – la sua voce un po’ stridula che cerca di rassicurarmi garantendo per il suo compagno peloso, si allontanano via via verso il promontorio.
Per fermarsi, curiosamente, il giorno dopo. Vicino a me, che sgambetto all’indietro con un tocco di imbarazzo in piu’ ma senza darla vinta alla risacca. Il cane scorrazza in lungo e in largo, baricentro noi, lei non so se guardi il mare o cosa. Lei, in un rifiato la guardo, capelli riccetti ed occhiali con quella sciarpa indiana lilla che le penzola dal collo come una bandiera. Sembra scuotersi appena quando mi chino a cercare qualche bel sasso piatto, magari un bel pezzetto di mattone allisciato dall’acqua paziente. Deve aver equivocato quando mi chiede:”Vuoi che ti aiuti?”, sembra sorpresa quando le spiego che devono essere piatti e possibilmente rotondi, ma non troppo leggeri. Ma non protesta, i minuti ci vedono curvi occhi alla sabbia e poi ad osservare i salti e poi - via le scarpe! - a saltellare all’indietro mentre Pedro rimane perplesso ad osservare, mal conoscendo la mia psicologia ed il mio linguaggio. Vinco io, piu’ maldestro ma piu’ allenato, e ciao, ciao, a domani.
Domani. Ma perche’ il resto di quest’oggi sta diventando lentamente, progressivamente soltanto un’anticamera di domani? Le anticamere sono solitamente vuote, qualche inutile soprammobile e riviste insulse che solo in un’anticamera potresti mai leggere… dov’e’ finito il mio bell’oggi pieno di me?
Domani. Come dal medico, che entri e di bocca ti esce di tutto tranne che le cose accuratamente preparate, vagliate, ripetute fra te e te in anticamera. Pedro rinuncia a capirmi e corre qua e la’ facendosi i fatti suoi, anche io rinuncio a capirmi quando, invece di tutte le domande, le chiedo solo:”Si va?”. Si toglie le scarpe, si va. E dopo di fiato ne resta poco per sapere, per chiedere se e’ il gioco, la noia o chissa’ cosa a farla restare. Stesi sulla sabbia tiepida anche i nostri respiri grossi che alzano ed abbassano i nostri petti sono risacca, finche’ non tornano le parole, iniziano i racconti, ne traspare in qualche modo un noi. L’esitazione e’ percettibile prima di ciao, ciao, a domani.
Io al mare ci scendo anche con la pioggia, mi piace da morire vedere la sabbia che cambia disegno, dalle ondulate righine avana che indicano la direzione del vento la spiaggia diventa un’immensa grattugia bruna e senza limiti, la pioggia fitta la incolla al cielo paro paro, il mare a volte danza e urla cose mai viste. Mi porto un’incerata col cappuccio ma il cappuccio non lo metto mai, forse piu’ un’abitudine o una specie di scaramanzia. E le onde sono piu’ determinate, piu’ agguerrite ed il gioco si fa piu’ emozionante.
A lei la pioggia non deve piacere, o non piace a Pedro, forse.
E poi… e poi le cose sono come la risacca, qualche volta un’onda cerca di sorprenderti e lancia una lingua velocissima che ti accarezza i piedi prima che tu possa accorgertene, e prima che tu ti muova sta gia’ correndo indietro a ridiventare mare, e non serve che tu capisca, sembra che cio’ che conti per davvero sia restare li’ a giocare. Ogni onda diversa dall’altra, ogni giorno diverso dall’altro, liquido, scorre, passa.
Per capire, immagino, ci dev’essere tempo dopo, quando e’ il buio a giocare con la risacca ed i piedi stanno fermi, altrove. E forse il moto delle onde puoi arrivare pure a capirlo, ma non ti spiega il senso di bagnato dei piedi, e i piedi intanto si asciugano e non importa piu’. E si bagnano ancora, e si asciugano ancora.
Come adesso che c’e’ il sole, un sole freddo ed i piedi giocano, giocano questa strana danza buffa a vedersi, a conquistare il mare e subito a rifuggirlo, il mare che va e che viene e non importa perche’ vada e perche’ venga, l’importante e’ che si stia li’ a giocare – “Toccato!”, grida la sua voce un po’ stridula qui al mio fianco, Pedro continua a guardarci e a non capire.
-gioRgio-

"Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico." (proverbio cinese)
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CuteBoy
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Messaggio da CuteBoy »

Ehi, ma già ci scrivono in pochi :mrgreen: :lol: :P :? :roll: :yes!: :eh?: :o :x :) :wink: :whistle: :| :yes!: :silenced: :think: :x :oops: :roll:
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Yucatan
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complimenti

Messaggio da Yucatan »

Ieri ho stampato il racconto e l'ho letto prima di dormire.
L'effetto è stato stranissimo perché avevo anomali ed inspiegati giramenti di testa e l'abbinamento con la risacca è stato veramente suggestivo!
Faccio onde ed onde dunque di complimenti per lo stile avvincente senza mai essere sofisticato!
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liberliber
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Messaggio da liberliber »

IL PASSAGGIO

Hai trascorso tutta la vita nella laguna. Da piccolo neanche sapevi cos’era, e le tue avventure consistevano solo nell’andare un pochino più lontano dai grandi di quanto ti fosse consentito. Sempre ripreso e riportato vicino, comunque.
Poi… poi hai scoperto il Passaggio.
Eri già grandicello, ti stavi facendo un giretto e di colpo ti sei trovato di fronte quest’apertura. All’inizio non te ne sei accorto, poi con la coda dell’occhio hai visto qualcosa di diverso, qualcosa che non quadrava con quello che eri abituato a vedere – una sfumatura dell’acqua, una vibrazione, un brivido sulla pelle. Davanti a te, incredibilmente, un punto senza pareti, senza fango, senza rumori, un tunnel più blu, più buio, ma anche più limpido con un tremolio luminoso lontano e quasi irraggiungibile. Era così invitante, così irresistibile che in uno stato ipnotico hai cominciato a muoverti in quella direzione. Immediatamente ripreso e riportato indietro. E così hai scoperto l’esistenza del Passaggio. E che era pericoloso. E che non ci potevi andare. E che il divieto numero uno della laguna era anche solo di avvicinarsi all’imbocco del Passaggio.
Passando il tempo, la cosa che più ti stupiva era che nessuno ci avesse mai provato. Non c’era una punizione, non c’erano resoconti terrificanti di quello che era successo a chi aveva osato trasgredire, semplicemente perché non era mai accaduto.
Il Passaggio c’era, non ci si poteva andare, e basta. Finita lì.
Erano tutti perfettamente disinteressati alla sua esistenza, e di quello che c’era oltre.
Ma tu non riuscivi a fare lo stesso, il pensiero era sempre al Passaggio, a quella luce, a quella sensazione.
Qualcuno dei tuoi amici capiva. Gli altri erano indifferenti. Nessuno condivideva il tuo entusiasmo.
Ogni tanto, quando nessuno ti guardava, tu ti avvicinavi a quella zona, ogni volta un po’ di più, sempre di più, era una tentazione troppo forte: ormai non riuscivi a non pensarci, dovevi andare e scoprire cos’era che ti attraeva tanto.
E finalmente un giorno l’hai fatto. Senza neanche pensarci, inevitabilmente. Eri lì, più o meno nel punto in cui l’avevi visto la prima volta, e hai preso, deciso, l’imbocco. Al principio era buio, più buio di quanto ti fosse mai capitato di vedere, forse per il contrasto con gli sprazzi tremolanti che intravedevi in fondo. Ma potevi guardare ben più oltre perché niente oscurava la vista, né alghe, né sabbia, né fango… niente. Solo le pareti del Passaggio, all’inizio invisibili, poi un’ombra più scura, finché lo spazio si è ristretto al punto che potevi toccarle da entrambe le parti. Anche il silenzio assoluto in cui nuotavi quando sei partito ha cominciato a trasformarsi, la vibrazione sottile che sentivi sulla pelle era diventata sempre più forte, ora ti rimbombava dentro e man mano aveva fatto sparire l’impressione di sogno in cui ti eri mosso fino a quel momento, al punto che ora tutto ti pareva insostenibile. Ma il pensiero di tornare indietro non ti ha neanche sfiorato. Volevi, dovevi vedere, sentire, vivere quello che ti aspettava.
Eccolo. Niente più pareti. Niente più buio. Niente più sogno.
Ma luce. Il vuoto. Tutto era aperto, libero, spaventoso. E tuo.
Tornerai, certo. Scoprirai che il tuo nuovo mondo si chiama mare, che anch’esso ha confini e limiti e vicoli ciechi, ma sono i tuoi confini, i tuoi limiti, i tuoi vicoli ciechi. Che avere un rifugio spesso è comodo, ma non basta.
E magari qualcuno ti seguirà. E magari no. Ma non importa.
Hai scoperto la vita e non vuoi rinunciarvi.
Ho potuto così incontrare persone e diventarne amico e questo è molto della mia fortuna (deLuca)
Amo le persone. E' la gente che non sopporto (Schulz)
Ogni volta che la gente è d'accordo con me provo la sensazione di avere torto (Wilde)
I dream popcorn (M/a)
VERA DONNA (ABSL)
Petulante tecnofila (EM)


NON SPEDITEMI NULLA SENZA AVVISARE!
Meglio mail che mp. Grazie.
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Amaryllis
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Messaggio da Amaryllis »

bene... seguendo l'esempio (brillante :D ) del comitato lettori, mi lancio con questa fiaba "d'altri tempi" (con cui non posso partecipare al concorso perchè non inedita...)

La fontana magica

Un paese molto povero, abitato per lo più da contadini e semplici artigiani, ebbe un giorno in dono dalle fate una fontana magica.
Questa fontana aveva il potere di accrescere la bellezza di ciò che fosse immerso nelle sue acque.
Le fate ammonirono però gli abitanti del villaggio. “Badate.” dissero “Ognuno potrà usufruire della fontana una e una sola volta. Dopodiché essa sparirà e non tornerà più; verrà trasportata, con l’aiuto degli elfi, in un altro paese, affinché altre genti possano godere dei suoi magici effetti.”
Un brusio di approvazione si levò unanime. “Mi sembra equo” disse a nome di tutti il capo del villaggio.
Per facilitare la procedura, appena terminato il discorso delle fate, gli abitanti decisero così di mettersi ordinatamente in fila.
Il paese era naturalmente abitato da persone belle e meno belle, brutte e meno brutte.
L’ umanità lì era tutto sommato varia; l’insieme delle virtù e dei difetti fisici costituiva una media per nulla al di fuori della norma.
I giovani e le giovani che avevano l’età per prender moglie o marito erano i più emozionati. I più belli e le più belle tra loro lo erano ancor più degli altri.
“Chissà come diventerò? Sarò irresistibilmente bella! Sarò ammirata da tutti…” sospirò una delle ragazze.
La sequenza delle immersioni ebbe così inizio.
Effettivamente, la fontana era capace di strabilianti magie.
I tratti somatici di tutti, vecchi e giovani, subivano un netto miglioramento.
I nasoni diventavano dei nasi, gli occhi acquistavano una sorta di luminosità, le rughe divenivano meno spietate e i sorrisi più splendenti.
I giovani si erano messi in fila costituendo un gruppo a parte, così da aver la possibilità di chiacchierare, di fare battute e di stringersi l’un l’altro nella trepida attesa che si realizzassero le loro aspettative estetiche.
Ad un tratto una delle ragazze disse: “Ehi, avete visto Vanitella?”
“No” risposero alcuni. Uno di loro disse di averla vista dirigersi verso casa.
Pensarono così che avesse dimenticato qualcosa e che presto sarebbe tornata e si sarebbe unita al gruppo.
Vanitella era una delle ragazze più belle del paese. Era corteggiata da alcuni giovani ma nessuno di loro sembrava interessarle in modo particolare.
Era capitato che un paio di essi, stufi di starle dietro, si fossero poi fidanzati con altre ragazze, in fondo altrettanto belle.
Vanitella aveva scosso le spalle. Non gliene importava un fico secco.
Nel frattempo, tutta la faccenda stava prendendo più tempo del previsto.
Gli abitanti non erano poi così pochi. Bisognava aiutare gli anziani a scavalcare il bordo della fontana, ad esempio, e si perdeva del tempo.
E poi, ogni volta che il fortunato di turno riemergeva dalle acque, seguiva l’inevitabile coro dei commenti.
Vanitella non si vedeva ancora e la sua assenza divenne l’argomento principale tra il gruppo dei giovani, ancora in attesa di immergersi.
Ad un tratto la videro arrivare, con un pacco sotto il braccio.
“Si può sapere dove sei stata?!” Chiesero tutti quasi in coro.
“Ora vedrete” rispose sorridente ed enigmatica.
“Ecco, ci siamo!” Era arrivato il turno dei ragazzi e delle ragazze, finalmente.
“Oh, che bellezza, sei uno splendore!” I commenti erano tutti di questo tipo e i più timidi, di fronte a tali complimenti, arrossivano.
Quando arrivò il turno di Vanitella, tutti si misero ad osservare in silenzio, incuriositi dall’aria di mistero e dal pacchetto che cominciò a scartare.
Vanitella, mentre i suoi compaesani si immergevano ad uno ad uno nella fontana, era andata a casa e si era confezionata un vestito.
Non era una sarta provetta e il tempo era poco ma non venne affatto male.
Davanti allo stupore di tutti, prese il vestito e lo immerse nella fontana.
Ciò che ne uscì fu un abito splendido, elegante, come mai se ne erano visti in un villaggio così povero.
Una volta asciugato l’abito al tiepido sole della sera, Vanitella l’indossò e tutti rimasero senza parole. Sembrava una principessa, anche se gli abitanti non ne avevano mai vista una di persona.
Nessuno ebbe invidia e qualcuna delle ragazze pensò che in fondo l’idea di Vanitella era davvero originale e azzeccata.
Intanto che la fontana veniva, come dire, smantellata, gli abitanti diedero vita ad una festa. Che altro si poteva fare? Un evento come quello andava celebrato con la buona cucina, fiumi di vino, canti e danze fino al mattino.
Vanitella volteggiava felice nel suo nuovo abito e, inutile negarlo, la maggior parte degli sguardi erano per lei.
Ad un tratto si vide arrivare in lontananza uno straniero a cavallo.
“Ooooh… Chi sarà mai quel giovane così bello ed elegante? Sicuramente un principe!” tutti commentarono.
Lo straniero scese da cavallo e chiese se poteva partecipare alla bella festa.
Il paese era abitato da persone semplici e gentili e così tutti risposero che naturalmente era il benvenuto.
Avrete già capito che lo straniero elegante e misterioso puntò subito gli occhi su Vanitella e la invitò a ballare.
Ballarono e parlarono e risero fino all’alba, scherzarono insieme agli altri giovani; fu una notte davvero indimenticabile.
All’alba lo straniero chiese in sposa Vanitella, la quale fu felice di accettare.
Partirono così insieme, a cavallo, verso il villaggio di lui.
In paese tutti cominciarono a fantasticare sulla fortuna che aveva avuto Vanitella.
“Sposerà un principe! Ehi, ma ci pensate? Quando tornerà qui in paese sarà sicuramente accompagnata da uno stuolo di servitori e… certo, l’idea del vestito è stata proprio azzeccata…”
Stanchi per i balli, i festeggiamenti e il vino della notte passata, Vanitella e il futuro sposo si fermarono a riposare in mezzo ad un prato. Ma, appoggiati ad un albero, continuarono a chiacchierare; l’euforia e la felicità li tenevano svegli nonostante la stanchezza.
Vanitella si mise così a raccontare tutta la storia della fontana che, durante la festa, non era stata menzionata. Probabilmente nessuno, specialmente di fronte ad un principe, ci teneva a far sapere che il proprio aspetto era così piacevole per merito di un incantesimo.
Vanitella però era sincera, a maggior ragione con il proprio futuro marito.
Raccontò così tutta la vicenda, compreso il fatto che lei aveva deciso di immergere un vestito nella fontana, anziché sé stessa.
A questo punto attese con un po’ di timore il suo commento pensando che magari le avrebbe dato della stupida o chissà che…
Lui cominciò invece a ridere, teneramente ma di gusto. A ridere. Proprio come chi la sa lunga.
Vanitella, divertita ma anche un tantino indispettita, chiese cosa ci fosse da ridere così tanto.
A questo punto lui le prese la mano, gliela baciò e le disse:
“Ascolta, amore mio: le fate sono passate anche dal mio villaggio, la fontana è stata anche da me, e i miei compaesani vi si sono immersi.
Mia madre, che è una persona buona e un’ottima sarta, su mia richiesta mi ha cucito un vestito… questo… beh, prima era un po’ diverso e…”
Vanitella non lasciò che continuasse, scoppiò a ridere a sua volta. Entrambi risero per un bel po’, con le lacrime agli occhi.
Quando finalmente Vanitella riuscì a parlare, disse divertita: “Così non sei un principe!”
“No!” rispose lui “Sono una persona comune, forse un po’ più bizzarra, originale e audace delle altre. Proprio come te.”
I due si abbracciarono, si baciarono e passarono una spendida vita insieme.
I dettagli li conoscono solo le fate…
“Le fiabe dicono più che la verità. E non solo perchè raccontano che i draghi esistono, ma anche perchè affermano che si possono sconfiggere.”

G. K. Chesterton
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