Ma io piantai un tale casino che mio padre non ebbe altra scelta che permettermi di portare a casa il libro. Era un’edizione per bambini del Don Chisciotte. Riuscivo a malapena a leggere l’inglese, la maggior parte del libro mi era decisamente incomprensibile; ma a stregarmi fu proprio la sua stranezza, i semplici ritmi e le cadenze del linguaggio. In un certo borgo della Mancia, che non voglio nominare, viveva non è gran tempo un hidalgo. “La Mancia.” “Hidalgo.” Dio mio. Questo era il significato della magia. Questo faceva sembrare vera anche la Bibbia. E Dio disse: sia la luce, e la luce fu. Con quell’hidalgo sparuto cavalcai attraverso le pianure della Mancia, aride, selvagge e aperte all’ira e all’abbondanza di Dio come il Kalahari. Un vuoto che dava libero sfogo all’immaginazione; una libertà trasmessa dalla parola, evocata dai libri. Leggere, leggere, forse sognare.
E da allora la condizione del mio mondo è sempre stata questa; più acutamente da quando è morta Riana; e più ancora nella consumazione della solitudine negli anni trascorsi da quando mi hanno così proditoriamente espulso da quella biblioteca che era stata il mio rifugio dagli sconvolgimenti esterni.
[…]
Leggere, pensare, far risalire le parole alle loro origini vere o presunte; inventare; avere il coraggio di immaginare. E poi rileggere, novello Colombo lanciato alla ricerca di mondi senza numero oltre mari senza nome. Ogni volta che apro il Don Chisciotte –ogni volta che apro un libro che ho già letto- m’immergo, come Eraclito, in un fiume diverso con nuovi segreti, nuovi riti iniziatici, nuovi misteri e celebrazioni. Sto lasciandomi trasportare? Trasportare è lo scopo dei libri, lo scopo del mio mondo senza fine in cui, mentre scrivo le mie note a margine, posso imitare Adamo nel primo atto del suo magistero: questo è un meerkat, un porcospino, questa è una ragazza che si chiama Tessa. Piccoli segni mnemonici sulla carta, grazie ai quali in un secondo tempo sarà possibile riscoprire il senso che mi era sfuggito la prima volta. (certo, possono anche essere inaffidabili, la chiave è questa!)
“… ma i viaggi veramente importanti… “ Mi interruppi “Scusi, forse la sto annoiando.”
“Dica.”
Adesso ero in imbarazzo. Come avrebbe reagito? Ma chi se ne frega, pensai, e dissi: “I miei veri viaggi, i viaggi che contavano, li ho sempre fatti nei libri”. E ora, naturalmente, non potevo più tacere. “Sono andato in Spagna con Don Chisciotte – ci vado sempre, ogni anno, d’estate – e ogni inverno a San Pietroburgo con Dostoevskij. Tra l’uno e l’altro vado a Parigi con Balzac, o con Zola, se me la sento. Può essere un compagno di viaggio esigente. O a Londra con Dickens, chi altro? E naturalmente a Dublino con Mr. Joyce. O su a Davos con Mann, a Praga con Kafka, in Algeria con Camus, a Boston con Henry James, su un remoto pianetino col Piccolo Principe. Ho fatto qualche viaggio faticoso attraverso l’Australia con Patrick White, o nelle lande settentrionali del Canada con la Atwook. E naturalmente sono andato a caccia di balene con Melville, e ho zigzagato sulla faccia dell’America con Jack Kerouac, e poi con Humbert, povero bastardo ossessionato…” mi frenai “ho paura che quando comincio… “
Desiderio di Andrè Brink
_________________ Vero Acquario  "Mi è sempre piaciuto il deserto.Ci si siede su una duna di sabbia.Non si vede nulla.Non si sente nulla.E tuttavia qualche cosa risplende in silenzio" Il Piccolo Principe"La gente vede la follia nella mia colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella loro noiosa normalità!" - Il Cappellaio Matto - Alice in Wonderland
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