Non ti muovere della Mazzantini ha uno stile iperdescrittivo, a volte estenuante. La Mazzantini, per esempio, per dire: Mi sono fatta un caffè, scrive: Mi preparo la macchinetta del caffè, la metto sul fuoco e, mentre aspetto che il caffè esca, mi siedo. Ci resta la curiosità di sapere se poi questo caffè l'ha preso macchiato, amaro o con quanti cucchiaini di zucchero e se il caffè era forte e che percentuale di arabica c'era nella miscela...e perchè tralasciare il movimento rotatorio del cucchiaino? Il senso era orario o antiorario?
Non ti muovere ha uno stile teatrale (che spesso scade nel melodrammatico) con tutta l'enfasi che il teatro porta con sé. D'altre parte è proprio da qui che viene l'autrice.
Esempi di stile enfatico: ...E' qualcosa che non può andar giù, resta in stallo in qualche vago limbo di stupor. Sono in bambola, in embolia di dolore...
...Angela, perchè la vita si riduce a così poco? E dov'è la clemenza? Dov'è il rumore di tutti i cuori che ho amato? Dammi un cesto, figlia mia, il cestino cin cui andavi all'asilo. Voglio metterci dentro, come le lucciole nel buio, i bagliori che hanno attraversato la mia vita...
In alcuni momenti, i migliori, si respira un po' il tono di certi romanzi di Moravia, dove l'eros è spesso associato a una sgradevole sensazione di disgusto e di morte. Ma alla fine è proprio lo stile a risultare incongruente: c'è una contraddizione tra una certa abilità, forse anche un po' furba (da teatrante) e un'asfissia, un senso di oppressione che si insinua nella lettura. Ecco perchè, a pagina 187 (esattamente quando si parla di un amore orfano e incotechito) ho sentito la voce dell'autrice che mi diceva: Non ti muovere. E io, in effetti, da quella pagina non mi sono più mossa.
