Sheherazad, avevo il parachecosa a portata di mano

Ti va di fare un altro viaggio con me, andiano a misurare un framento della nostra terra coi nostri piedi.? Chiudi gli occhi, ci spostiamo nel tempo e nello spazio.
Svegliati, adesso, amica mia. Sono le 6 di mattina, un lunedi di gennaio. Sei in Ullensaker, il paesaggio è proprio come quello che vedrai nel film, martedi. Appena sveglia lo sai, il silenzio si è fatto spesso, ha ragiunto un suo peso specifico. Il nero inverno e percorso da lievi moti di luceombra. Ti viene voglia di nasconderti sotto il piumone, perderti nell suo labirinto di calore e profumi di sogni. "Ha nevicato tutta la notte, venite a vedere" chiama una voce dalla cucina "il caffe è pronto". Ti fai forza, con una piccola lotta ti liberi dal caldo abbraccio del piumone, e segui il profumo del caffe. In cucina munita di un grosso mug di caffe, non lo puoi più rimandere, vai dalla finestra e guardi fuori. Neve. Tanta. In Terra, uno spesso coltre bianco ha cancellato ogni forma definibile, il vento ha creato muri dove prima cerano passaggi, nel' aria neve, cristalli di giaccio e fiocchi grandi come fazzoletti, eseguono un folle balletto con le raffiche del vento. La spala neve sara qui fra due ore, minimo. Un sguardo sbieco sul termometro. 16 sotto zero. " Stasera, se smette di nevicare, farà, freddo sul serio!" La voce dietro di te continuo coi i suoi commenti sul evidente. Tu tagli il pane integrale a fette, posi sopra il companatico. Una fetta per colazione, due da impacchettare per il lunsj al lavoro.
Ecco, controlli i vestiti, Stivali quelli alti (speriamo abbastanza), piumino ben chiuso in fondo, in vita ed intorno ai guanti, beretto di lana, scarpa fin sopra il naso, capuccio a sigilare il tutto, sei pronta. Con fare deciso apri la porta di casa, chini la testa e con il tuo primo passo misuri il tuo destino. La neve supera l'orlo dei stivali. Ogni passo, tira su, china in avvanti, metti giu, tira su li altra piede. La neve ti arriva oltre metà polpaccio. Nessuno ti ha aperto un sentiero. Hai mezzo chilometro fino alla strada principale. Non vedi, non pensi, avanzi, passo per passo.
Sei arrivata fino alla salita ripida che porta sulla strada principale, vedi altre due figure, come te, che si sforzono a superarlo quando si sente lo sussurro di una macchina in arrivo. D'istinto vi fermate tutti e tre al orlo della salità. Si sente la macchina accellerare, ecco spunta dalla curva, si lancia su per la salita, va, va,va, slitta, scivola, va indietro. Tu e le altre due sagome fate un cenno al autista, vi mettete pronti sul punto dove era arrivato. Lui in retromarcia ritorna dietro la curva, prende rincorsa e si rilancia su per la strada che sappete esserci la sotto la neve, alla vostra altezza incominca a slittare, voi già correte, coi piedi aperte a V, vi apoggiate sull portabagaglio, e spingete, siete un arco, tra i piedi piantati nella neve e le mani sul freddo metallo della macchina, solo un arco che spinge, spinge, gomme che slittano, motore che vuole ma non può. Su, Su,.. vuoto, gomme che fanno presa e la macchina che se ne va.
Anche voi siete arrivare su, sul altro lato dell strada, spalata già, un bruco umano in movimento. Scavalcate qualche cumolo di neve lacsiato dallo spalaneve e traversando la strada, prendete il vostro posto in fondo brucocoda. Lo sai, qui è cosi, le cose si organizano da se, in automatico. Chi arriva per prima ha il diritto d'salire sull pullman, e scegliersi il posto che vuole lui, per prima. Si forma la fila, ma fa freddo, non si può stare fermi, vi movete tutti, saltellate, ballicchiate, caminate, svolazzate con le braccia e spattete le mani. Un bruciumano che coi spasmi cerca di tenere caldi le mani e i piedi. I nasi sono già di un rosso luminoso, nella miglior tradizione della renna Rudolf.
Arriva il pullman, ti scuoti, spazzoli via più neve possibile, dai stivali, dal capuccio, beretto, dai guanti (che se no avranno il triste aspetto e calore di due gattini tirati fuori dall'acqua) , se porti gil occhiali ti li togli, se no non vedi niente salendo a bordo, si appanano dal caldo umidio.
Sei in viaggio, finalmente, hai scelto un sedile in fondo, vero? Davanti l'autista deve tenere le luci spente, se no non vede niente nel buio. E tu hai li tuo libro e 40 minuti buoni per leggere. I sedili sono comodi, ce silenzio, chi non dorme ,legge. I movimenti del bus famigliari, come pure le ombre e sagome del mutevole paesaggio il fuori nell oscurità.
Fuori cresce la città, arrivi alla tua fermata. Qui le strade sono piu pulite, ma tra marciapiede e strada; neve e vecchie, brune palle di giaccio, ti fanno da ultimi ostaccoli della mattinata. Il cielo sempre nero, con appena qualche fiocco in incerta caduta.
Entri all tuo luogo di lavoro, ti togli vari strati di vestiario, se sei furba anche calzatura. Speri che qualcuno abbia gia messo su li caffe. si? Che bello! Un bell mug di caffe bollente e la giornata può cominciare.
Quando esci, otto ore più tatdi, non nevica più. Il celo il sopra li luci della cità e sereno, tempestato di stelle. Già qui in città ci sono 22 gradi, figuriamoci nel paese! Vai verso la fermata del pullman, hai i brividi, hai fame, hai 40 minuti buoni di viaggo davanti. Hai li libro, ma sei stanca, o forse pensierosa. Buio, luci artificiali, buio. Il inverno è cosi, la luce del giorno del sole e roba da fine settimana. Inverno dopo inverno. Buio. La luce e il calore qui è un prodotto, un fattore, umano.